GIACOMO, DA BALLABIO ALL’OLANDA TRA QUARANTENE ‘INTELLIGENTI’ E GRANDI SCORTE DI CARTA IGENICA

Giacomo VairettiL’AJA (NL) – Non tutti i Paesi stanno affrontando l’emergenza Coronavirus allo stesso modo; un caso particolare è rappresentato dall’Olanda, la quale non ha ancora optato per un blocco netto delle attività e non ha totalmente accantonato la tanto discussa “immunità di gregge“. La situazione nei Paesi Bassi ci è stata raccontata da Giacomo Vairetti, 36enne cresciuto a Ballabio e da quasi un decennio lontano dal nostro territorio.

Dopo anni passati in Belgio, Danimarca e Finlandia, dal 2018 vive all’Aja e lavora come  specialista di acustica presso una azienda di consulenza di ingegneria civile a Delft.

Le conseguenze maggiori dovute alla pandemia le ho subite prima ancora che il virus arrivasse ufficialmente nei Paesi Bassi. Il 3 Marzo, un giorno prima della mia partenza per l’India dove avrei raggiunto mia moglie Ece per il nostro viaggio di nozze, il mio visto e quello di tutti i cittadini italiani venivano sospesi con effetto immediato. Quindi diciamo che questo Coronavirus mi è stato antipatico fin dall’inizio.

Una settimana dopo iniziavo a lavorare da casa. Fino ad allora, l’istituto per la salute pubblica olandese si era limitato a dare indicazioni su come lavarsi le mani e starnutire in maniera civile, e le aziende (la mia compresa) a mettere in quarantena gli impiegati che tornavano dall’Italia. Niente controlli agli aeroporti, niente chiusura delle scuole. Si era ancora nella fase del “in fondo è poco più di un raffreddore” e dell’idea della cosiddetta “immunità di gregge”.

L'aia

Immagine da Wikimedia dell’Aja – vista del parlamento sulla sinistra

Poi le scuole le hanno chiuso anche qui, come le palestre, i bar e i ristoranti. La reazione della gente è stata quella di correre al supermercato a svuotare gli scaffali della carta igienica e di fare incetta di pasta di qualsiasi marca e formato. La sera prima dell’entrata in vigore delle nuove misure, si sono viste lunghe file fuori dai coffee shop. Insomma, la gente si preparava a un lungo periodo di quarantena.

È servito l’intervento del primo ministro Rutte per tranquillizzare il paese, rassicurandolo che i magazzini erano pieni di scorte di rotoli per almeno un decennio: “We kunnen nog 10 jaar poepen!”. Dichiarazione che è già diventata storia e che credo non richieda traduzione. Purtroppo nulla è stato detto sulle scorte di pasta e ancora faccio fatica a trovare le orecchiette De Cecco al supermercato sotto casa.

Dopo circa una settimana di incertezza, il governo ha deciso per la ‘quarantena intelligente’. L’idea è la seguente: il governo ti invita ad uscire di casa solo per andare al lavoro (se non puoi lavorare da casa), per fare la spesa e per prendere una boccata d’aria. È stata imposta la famosa distanza di sicurezza di un metro e mezzo da rispettare in qualsiasi occasione, eccetto i bambini che possono liberamente giocare insieme all’aperto (e distribuire il virus tra le famiglie una volta rientrati in casa, verrebbe da dirsi). Si può addirittura andare a casa di famigliari e amici per un tè, ma evitando di avere più di tre ospiti alla volta. Pure le feste di matrimonio sono ancora ammesse, ma solo fino a un massimo di 30 invitati e sempre mantenendo i fatidici ‘anderhalve (1,5) meter’.

La parte ‘intelligente’ di questa quarantena è l’idea di fare appello al buon senso delle persone senza imporre restrizioni vere e proprie. Rutte ha detto di voler trattare i suoi cittadini da adulti, e non da bambini. Diciamo che non ha funzionato alla grande fin da subito. Il primo weekend di bel tempo la spiaggia e il lungo mare di Scheveningen (vicino a L’Aja) erano piuttosto affollati. Da allora nei fine settimana, le strade che portano al mare sono chiuse alle auto. Ora la gente sembra essere più attenta e non si vedono più grossi assembramenti.

Quasi tutte le attività funzionano più o meno normalmente. La ristorazione si è data al take-away, con un esercito di ragazzini che sfrecciano sulle ciclabili con le loro bici elettriche. I negozi sono quasi tutti aperti, con percorsi obbligati da seguire e grandi schermi trasparenti a protezione di cassieri e cassiere. Solo le attività dove il contatto fisico con i clienti è inevitabile, come i parrucchieri, gli estetisti e i sex club, sono state chiuse.

Ovviamente ci sono ripercussioni finanziarie. Personalmente, gran parte dei progetti su cui stavo lavorando sono stati messi in pausa fino a data da definirsi. Fortunatamente ho avuto un contratto a tempo indeterminato il novembre scorso e il governo ha promulgato una legge dove si impegna a coprire fino al 90% degli stipendi per le aziende che subiscono gravi danni economici.

Tutto sommato questi olandesi non se la passano troppo male. Sembra che il gregge sia felice di seguire il proprio pastore Rutte e la sua strategia: tenere i numeri del virus sotto controllo evitando il più possibile di danneggiare l’economia. L’ idea di raggiungere l’immunità di gruppo non è svanita nel nulla, ma è stata rapidamente riconfezionata come sottoprodotto utile anziché come obiettivo principale.

La ricompensa per tutti è la possibilità di avere una vita più o meno normale. Poter uscire di casa e trascorrere del tempo con i propri cari. Farsi un giro in bici tra le dune (la mia ora d’aria quotidiana) o una passeggiata nel parco. Ed essere pronti a ripartire quando sarà il momento. Le fatalità fanno parte del gioco, una sorta di prezzo da pagare, anche se i numeri del giorno di Pasqua (con più di 2.700 decessi registrati fin qui) dicono che il conto finale potrebbe essere abbastanza salato.

Ma il pragmatismo fiammingo è risaputo. E ora anche un po’ la loro mancanza di empatia e generosità. Ricordo quando a febbraio in ufficio i colleghi mi chiedevano dispiaciuti e preoccupati come fosse la situazione in Italia. Non ho percepito lo stesso sentimento quando si è discusso (via whatsapp) di Eurobond. I Paesi Bassi sono rinomati per gli zoccoli di legno, ma poco si parla delle loro maniche strette ai polsi…

Intanto il governo prova a guardare avanti e inizia a parlare di quella che sarà presto la normalità: la “società del metro e mezzo”. Perché nessuno qui si illude che tra un paio di mesi torneremo alla vita di prima. Non sta a me dire se il pragmatismo fiammingo porterà ai risultati sperati. Posso solo dire che, per il momento, la situazione è gestita in modo molto razionale, magari un po’ freddo e calcolato, ma efficiente. La gente sembra non soffrirne più di tanto e l’atmosfera per le strade è abbastanza rilassata. Forse troppo. Chi lo sa? Magari ne riparliamo tra un mese. Io intanto continuo a pedalare per le dune e i boschi nei dintorni dell’Aja. E mantengo il metro e mezzo.

Tieni duro Valsassina! Tieni duro Italia!