VIVERE IN MONTAGNA PER SFUGGIRE AL COVID-19 – DAI PENSIERI LIBERI DI UN ADOLESCENTE

Durante questo periodo di pandemia per il Coronavirus, mi sono trasferito in una casa in montagna per ragioni di sicurezza perché i miei genitori lavorano con i positivi e quindi possono venire a contatto con persone ammalate di covid-19.

Qui ho trovato un silenzio a cui non ero abituato, interrotto soltanto dal cinguettio degli uccelli e dal rumore della pioggia o quello lieve della neve che cade.

Sono stranamente tranquillo in questo posto e mi trovo a mio agio nonostante le limitazioni imposte per ridurre il contagio. Mi sento anche molto fortunato perché ho un grande giardino dove posso uscire per rilassarmi e correre un po’ all’aria aperta da dove posso scorgere il Lago di Lecco e le Grigne.

I vari rifugi  sono chiusi e le strade sono deserte e quelle poche volte che esco a fare una breve passeggiata nei dintorni  non incontro nessuno tranne due o tre qualche persona con il cane.

Non sembra vero da chi viene da luoghi molto abitati che da queste parti sono aperte una trentina di case, perché oltre ai pochi residenti non è molta la gente che è venuta qui per trascorrere questo lungo periodo di quarantena affrontando il disagio di scendere in città per la spesa.

Mi sento molto fortunato: sono libero di uscire nella natura, posso vedere lepri e caprioli al contrario di altri che non posso farlo perché non hanno un giardino oppure abitano in città e spesso non hanno neppure un terrazzo.

In questi giorni per far passare il tempo mi sto occupando anche del giardino tagliando rami, cespugli e raccolgo la legna per il camino. Ogni tanto faccio una corsa nel giardino per sgranchire le gambe perché è veramente difficile stare in casa tutto il giorno. Il resto della giornata lo impiego seguendo costantemente tutte le notizie sulla pandemia e le video lezioni della scuola.

Ho dovuto portare  oltre allo smartphone il computer con una stampante per poter svolgere i compiti e per fortuna 3 anni fa ho fatto installare il wi-fi che mi permette oggi di seguire le lezioni e restare in contatto con il mio piccolo mondo.

Il mio stile di vita è cambiato in questo periodo: non posso incontrare i parenti, gli amici. Non possiamo incontrarci o giocare come facevamo prima. Quando usciamo per esempio per fare la spesa dobbiamo indossare oltre alla mascherina anche i guanti e gli occhiali e rispettare la distanza di almeno 1-2 metri. Non è facile per noi adolescenti rispettare tutte queste regole!

Con la mascherina mi sembra di parlare con estranei, non ci riconosciamo più e abbiamo anche paura a parlare con i conoscenti perché tutti temiamo che qualcuno trasmetta il virus. Dobbiamo anche tenere pulita la casa! Rientrati   dalla spesa/lavoro (specialmente chi lavora a contatto con gli ammalati) bisogna disinfettare chiavi, cellulare, maniglie e tutti gli oggetti che si toccano e soprattutto lavarsi le mani e fare una doccia.

Non ero abituato a questa limitazione della mia libertà personale. E’ difficile restare in casa e uscire solo per necessità importanti senza andare da un amico o da un parente. Non possiamo recarci neppure nei paesi vicini nemmeno per fare la spesa o per incontrare qualcuno; molti uffici, banche, negozi e poste hanno chiuso o ridotto l’orario di apertura per cui bisogna organizzarsi per uscire una volta e fare varie commissioni impiegando molto tempo e mettersi in coda a lunghe e lente fine di persone aspettando con pazienza il proprio turno.

Tutti abbiamo paura di ammalarci e dobbiamo stare attenti se compaiono  i sintomi come la febbre, tosse, diarrea e se non si sentono i sapori e odori bisogna recarsi subito dal medico e seguire le indicazioni del Ministero della Salute per l’isolamento e per l’esecuzione del tampone per accertare la positività al Covid.

In montagna in questo periodo ho dovuto sfidare anche i cambiamenti climatici di marzo con due nevicate e il ritorno di temperature molto basse. Questo ha complicato la gestione della mia vita quotidiana. Infatti ho dovuto provvedere al rifornimento del gas, preparare il camino e la stufa sperando che non succedessero dei disguidi perché  in questa località non ci sono persone che mi potrebbero aiutare. Ho dovuto gestirmi la giornata da solo non solo per le lezioni e per il pranzo o cena ma anche per il riscaldamento.

Penso anche alle persone con patologia come l’Alzheimer o disturbi psichiatrici e ai ragazzi iperattivi o con autismo, credo che per loro sarebbe stato opportuno concedere la possibilità di uscire accompagnati, almeno una volta al giorno con una certificazione medica opportuna per permetterli di sentirsi liberi e di ridurre la tensione e l’ansia che sono in tutti aumentate stando chiusi in casa.

Mi manca tanto di stare con i miei compagni e compagne, gli amici perché con le video lezioni possiamo sentirci e vederci ma non è la stessa cosa di essere in classe o in un campetto a giocare perché non possiamo incontrarci fisicamente, discutere e confrontarci di persona: anche a fare una banale una partitella di calcio.

Un adolescente di Ballabio