DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA SETTIMA DOMENICA DI PASQUA

Ecco la storia bella di due persone che si sentono rinascere. Sono due discepoli di Gesù che pensano bene di allontanarsi da Gerusalemme dopo i terribili fatti di quei giorni: la condanna a morte di tre condannati tra cui il loro innocente maestro Gesù di Nazareth. Quello era il primo giorno della settimana e la vita stava riprendendo la sua normalità. Chissà quanti tra i capi dei sacerdoti, il tribunale del sinedrio, i gruppi religiosi come i farisei e gli scribi, e forse anche il procuratore romano e i soldati, si saranno sentiti soddisfatti quel giorno, chissà quanti avranno detto: “Finalmente, stavolta ce l’abbiamo fatta ad eliminarlo! Non se ne poteva più, ma adesso tutto è finito! Adesso finalmente si ricomincia da capo!”. Si riferivano a Gesù. Dopo tanti tentativi falliti, ora tiravano un respiro di sollievo. Quel maestro della Galilea, quel Gesù, ora non poteva più dare fastidio.

Anche due discepoli di Gesù sentivano che tutto erano finito e che dovevano cominciare una vita nuova. Per circa tre anni avevano seguito con entusiasmo il maestro e amico Gesù. Ora che non c’era più cosa potevano fare? Parlano tra di loro, commentano quei fatti di tre giorni prima, così terribili e ingiusti, chissà quanto dolore avranno sentito nel loro cuore, forse anche tanta rabbia nel vedere come la giustizia umana spesso si tramuta in ingiustizia perché arriva a condannare gli innocenti! E di Gesù, condannato a  morte, dicono chiaramente che era un profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo, era passato in mezzo alla gente facendo del bene a tutti. Che fare adesso? Senza Gesù la loro vita è fallita, non hanno nessuna prospettiva per il futuro.

Incontrano una persona che cammina per la stessa strada, lo ritengono un po’ strano perché non può non sapere che cosa era successo. Se non lo sa è perché è distratto o indifferente o concentrato sui suoi affari, a meno che non arrivi proprio adesso a Gerusalemme per cui è un pellegrino che viene da lontano o semplicemente uno straniero a cui non interessano le strane vicende degli ebrei. Quel pellegrino prima tace e ascolta il loro racconto. Poi li scuote e arriva a chiamarli “stolti e lenti di cuore a credere”.

E infine inizia a parlare. Che cosa avrà detto? Ha spiegato come in quelle Scritture che loro conoscevano si narravano proprio i fatti di quei giorni: avrà detto del salmo 22: Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato? Hanno forato le mie mani e i miei piedi, avrà detto del salmo 68: quando avevo sete mi hanno dato da bere aceto, avrà detto del profeta Isaia: Ecco il mio servo giustificherà molti, si è addossato i nostri dolori, schiacciato dalle nostre iniquità ma dopo il suo intimo tormento vedrà la luce, avrà detto anche del salmo 15: Tu non abbandonerai la mia vita nel sepolcro né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. E chissà quanti altri passi per dire che tutto quello che era successo in quei giorni a Gerusalemme era stato scritto con sufficiente chiarezza nei secoli antecedenti ma la loro mente era oscurata e non riuscivano a comprendere.

Per esempio era oscurata dalle attese riguardanti la politica: l’oppressione del dominio romano, la corruzione dei re locali, la restaurazione di un potente regno di Israele con il sogno di dominare finalmente sugli altri popoli. Ma questi sogni si sono miseramente infranti con la morte di Gesù. Loro avevano confidato che Gesù fosse l’uomo giusto mandato da Dio proprio per fare una bella rivoluzione: non violenta ma un vero cambiamento nel senso della verità, della bontà e della giustizia. Quella strana persona, invece, cerca di spiegare la legge di Mosè, gli scritti dei profeti e le preghiere dei Salmi.

Loro ancora non sanno chi è quel pellegrino ma intanto cominciano a trovarsi bene con lui e sentono che il loro cuore scoraggiato e deluso riprende a poco a poco a rivivere, anzi dicono che il loro cuore ardeva, cioè si era riscaldato e infiammato. Questo calore portatore di vita era stato generato dalla Parola, narrata da quel compagno di viaggio. La fine del viaggio la conosciamo: arrivati al villaggio di Emmaus entrano in una locanda per cenare insieme e quell’uomo prende il pane ma quando lo spezza per condividerlo lo fa in un modo tale che il loro pensiero corre a Gesù: solo Gesù spezzava il pane in quel modo lì! Allora si accorgono che proprio Gesù è lì con loro, allora Gesù è vivo, ed era con loro anche quando loro non si accorgevano che era proprio Lui.

Che non sia questa anche la nostra esperienza? Camminiamo spesso tristi e delusi perché sperimentiamo qualche, o molti, fallimenti, Gesù cammina al nostro fianco ma i nostri occhi non sanno riconoscerlo, abbiamo il cuore freddo e amareggiato come quei due discepoli: ma la loro vicenda ci insegna che è solo l’ascolto della Sua Parola che può riscaldarlo e farlo vivere di nuovo.

Don Benvenuto Riva parroco di BallabioDon Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio

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