DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA DOMENICA DI PENTECOSTE

Si contano sette settimane a partire dalla Pasqua e così si arriva al cinquantesimo giorno. Pasqua è sempre in primavera (si vedono rifiorire gli alberi ma fa ancora un po’ freddo) ma dopo cinquanta giorni i campi e gli alberi cambiano volto. Si vedono i frutti, si pensa alla mietitura del grano: tutto diventa nostro cibo  e quindi sentiamo che la nostra vita è assicurata, almeno per un altro anno. Allora bisogna fare festa! L’antica festa a cinquanta giorni dalla Pasqua era la festa dei frutti e della mietitura, occasione per ringraziare Dio creatore che ci dona tutto questo e ci mantiene in vita! Anche oggi la nostra vita continua perché abbiamo del cibo ma ormai questo cibo ci viene assicurato dai negozianti e dai supermercati che pensano a rifornirsi sempre. Per quanto riguarda il cibo il pensiero di Dio, che ce lo provvede dando vita ai campi e agli alberi, oggi si è fatto lontano. Oggi provvedere il cibo è compito dei commercianti e dei trasportatori. Se qualcosa non va per il verso giusto gli scaffali dei negozi e dei supermercati si svuotano presto e tutti vanno nel panico. Questo è successo qualche mese fa e tutti ricordiamo benissimo quelle immagini che abbiamo visto. Questa antica festa dei frutti e della mietitura ci aiuti a ricordare, quest’anno e sempre,  che tutto il cibo è un dono di Dio, sempre, sia che venga direttamente dai campi o dall’orto di casa sia che venga acquistato nei supermercati.

Ma in quell’anno 30 della nostra era, quando a Gerusalemme hanno condannato a morte Gesù e altri due malviventi, al cinquantesimo giorno da quella data è successo qualcosa di straordinario. Il popolo ringraziava Dio per il grano e i frutti, ma un gruppo di donne e uomini che si definivano discepoli di Gesù, hanno sentito un vento impetuoso, hanno visto fiammelle di fuoco, hanno cominciato a parlare in modo che tutti, anche gli stranieri, potessero comprendere. Questi sono stati i segni esterni di qualcosa accaduto dentro di loro: “Furono colmati di Spirito Santo”, lo Spirito di Dio di cui hanno parlato gli antichi profeti come Geremia, Isaia, Ezechiele, Gioele.

Da allora è iniziata una nuova vita per quegli uomini amici di Gesù che pochi giorni prima pensavano di aver perso tutto e di non avere alcun futuro. La loro nuova vita era all’insegna del coraggio, dell’apertura a tutto il mondo, dell’incontro con tutte le genti, dell’annuncio di quel regno fondato sulla verità, sulla giustizia e sull’amore, una vita che seguiva i passi e il comportamento di Gesù “buono, umile, paziente, che passava in mezzo alla gente facendo del bene a tutti”. Ormai più nessuno poteva fermarli.

Quel giorno è nata la Chiesa, la comunità degli amici e discepoli di Gesù. Diciamo pure, con molta gioia: noi tutti, cristiani di oggi, siamo nati lì a Gerusalemme, quel giorno. Dunque è bello e giusto che facciamo festa: è la festa del nostro compleanno! Certo, eravamo nel pensiero e nel cuore di Dio. Concretamente lo Spirito Santo è venuto ad abitare in noi quando siamo stati battezzati. Ora che lo Spirito Santo abita in noi possiamo riflettere su due cose:

1 – L’apostolo Paolo ci dice che lo Spirito Santo dà a ciascuno una manifestazione particolare e ce la dà perché tutti ne abbiano vantaggio, non per farci belli e sentirci più bravi e dotati degli altri. Ciascuno rifletta sulle proprie capacità (dal proprio carattere alle attitudini personali) e abbia il coraggio e l’umiltà di dire: non mi sono fatto da solo ma è lo Spirito di Dio che agisce in me e mi ha dato questi doni affinché anche gli altri possano averne un beneficio come anch’io traggo beneficio dalle capacità che hanno gli altri.

2 – Gesù ci fa vedere la meta della nostra vita, quello che succede a chi riceve il dono dello Spirito Santo: apre i nostri occhi su quel giorno quando comprenderemo tutto: vedremo che Gesù è il figlio di Dio che vive nel seno del Padre e noi vivremo in lui e lui vive in noi. Questo è l’amore perfetto, infinito. Se in questa vita stiamo gustando la bellezza e la dolcezza di un po’ d’amore, che non è esente da fatiche e da prove, cosa sarà mai l’amore puro e infinito del quale vivremo “in quel giorno”? In questa vita stiamo solo assaggiando qualche goccia di quell’amore che “in quel giorno” ci sazierà infinitamente e per sempre.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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