DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE: QUINTA DOMENICA DI AVVENTO

La classe dirigente di quel tempo era preoccupata di quello che stava succedendo. Allora mandarono delle persone incaricate che gestivano la religione tradizionale a fare delle indagini. Avevano dentro di sé alcune domande importanti: Chi è questo Giovanni? Se appartiene a un gruppo religioso che si era ritirato nel deserto perché non ci è rimasto? O forse l’hanno espulso? Se parla di Dio e chiama a conversione perché non fa quello che fanno tutti i fedeli israeliti? Perché non viene al tempio a offrire sacrifici? E perché battezza? Cos’è questo strano rito inventato da lui? Non facciamo anche noi i nostri bagni rituali, i lavaggi delle mani fino al gomito, tutte le purificazioni dopo avere toccato cose impure o essere stati in mezzo a persone impure o pagane e ci sentiamo contaminati? E questo Giovanni come mai si prende lui l’iniziativa di fare e dire tutte queste cose? Possibile che sia stato mandato veramente da Dio? O è stato mandato da altri che noi non conosciamo? O è lui che ha delle pretese smisurate e si mette da solo contro tutti?

Ma c’era un punto su cui erano tutti d’accordo: c’era nell’aria una attesa condivisa da tutti. Tutti aspettavano qualcosa o qualcuno ma ciascuno dava corpo a suo modo a questa speranza. Chi comandava voleva comandare di più e quindi aspettava l’indipendenza dai romani e la libertà politica. I poveri che erano oppressi aspettavano una vita meno faticosa e un regno un po’ più giusto di quello di Erode, chi soffriva ingiustizie aspettava un mondo più giusto e il riconoscimento della propria innocenza. I più fedeli aspettavano uno speciale giorno del Signore, dalle caratteristiche molto misteriose: chi ne parlava come un giorno di vendetta, di scoppio dell’ira di Dio, o come un’era di pace e di giustizia, o un’era di sconvolgimenti sia della natura che dei grandi imperi.

E tutto questo si basava sulla lettura della parola di Dio: Dio aveva promesso al re Davide un figlio eterno che sarebbe stato unto re (Cristo) al suo posto e per sempre. Mosè aveva promesso che Dio avrebbe mandato un profeta al suo posto e il popolo avrebbe dovuto ascoltare lui al posto di Mosè. Un altro profeta (Malachia) aveva detto che un giorno sarebbe arrivato un uomo con lo spirito e la forza di Elia. Insomma, chi e che cosa si doveva aspettare? In chi e in che cosa era riposta la speranza degli antichi israeliti?

E questa è anche la domanda che ci riguarda direttamente anche oggi: ora tocca a noi. Anche noi aspettiamo, anche noi sogniamo, anche noi speriamo, ma che cosa? O chi? Si parla spesso , sognando, di rinnovare l’Italia o l’Europa ma come e perché? E se si vuole un mondo nuovo lo si vuole più pulito, perché l’abbiamo sporcato troppo.

Si fa anche un gran parlare di pace e poi le guerre ci sono sempre con tutta la loro violenza e i loro morti. Poi c’è la fame, l’ingiustizia, la burocrazia, le malattie, le strutture e si va avanti così: c’è la speranza e ci sono le delusioni. Ci si rifugia un po’ nelle speranze familiari e quotidiane: una casa, un po’ di salute, un posto di lavoro, i figli, la loro crescita, una promozione, una festa. Oggi si spera la fine della pandemia, in tutto il mondo si è sperato nel vaccino che ora è arrivato o sta arrivando. Allora possiamo dire di essere felici? E l’esperienza quotidiana non ci insegna forse che la vita comporta sempre alti e bassi e che le gioie che proviamo durano un po’ poco anche se vogliamo che durino un po’ di più?

È un buon esercizio spirituale, da fare in questi giorni, fermarsi a pensare a lungo: ma io in che cosa spero? Cosa sto aspettando? O chi sto aspettando? In fondo la risposta a queste domande è facile perché tutti abbiamo delle mete da raggiungere, dei progetti che sogniamo di realizzare o degli eventi che speriamo che accadano. E tutte queste cose sono buone ed è un bene che ci siano.

Oggi il profeta Giovanni Battista dice: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me, ed era prima di me. Lui deve crescere e io devo diminuire”. Parla di Gesù. Eppure Gesù con le sue parole di amore, di perdono, di accettazione della volontà del Padre nel momento della sofferenza e della morte, ha deluso tanta gente. Non era così il Messia e Salvatore che tutti si aspettavano. E forse anche noi vorremmo un Gesù un po’ diverso, un po’ più efficiente, un po’ più pronto a fare quello che vorremmo noi. Anche Giovanni ha dovuto fare le sue correzioni su ciò che pensava di Gesù.

Così anche noi per ora vogliamo fermarci qui: a renderci conto che non è poi così facile riporre tutta la nostra speranza in Gesù come unico nostro vero Salvatore! Ma la grande verità è proprio questa! “Gesù, aiutaci a riporre la nostra speranza solo in Te!”

Libro di Isaia 11,1-10 Isaia disse: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo Spirito del Signore”

Lettera agli Ebrei 7,14-17 Fratelli, Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio.

Vangelo secondo Giovanni 1,19-27 Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?” Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me, ed era prima di me”.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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