DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA TERZA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Se qualcuno ci chiedesse: Cosa dice il Vangelo di oggi? Tutti risponderemmo: “Il racconto della moltiplicazione dei pani”. Ma a ben guardare questa sarebbe una risposta un po’ sbrigativa perché il fatto che una folla numerosa mangi con abbondanza pane e pesce che i discepoli di Gesù hanno portato a loro è soltanto la conclusione di una lunga e intensa giornata di annuncio della parola da parte di Gesù e di ascolto da parte della folla. E all’origine di tutto c’è il cuore di Gesù di cui si dice: sentì compassione. Il cuore di Gesù è colmo di tenerezza materna che lo spinge a intervenire per alleviare il dolore e le sofferenze di coloro che Lui ama come figli.

Ma all’inizio di questa giornata troviamo un altro aspetto dell’interiorità di Gesù. Il motivo per cui Gesù lasciò il luogo dove si trovava attorno al lago di Galilea e sentì il bisogno di stare un po’ da solo è che aveva incontrato i discepoli del suo amico Giovanni Battista, imprigionato da Erode, che gli portarono una brutta notizia: il loro maestro e amico era stato fatto uccidere da Erode il giorno del suo compleanno! “Allora i discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù”. Giovanni è colui che ha battezzato Gesù, colui che ha predicato la parola di Dio, che ha preparato i cuori del popolo alla venuta del figlio di Dio, che ha indicato a tutti la via della conversione e della pace. Gesù ha proclamato Giovanni addirittura “il più grande tra i nati da donna!” Eppure quest’uomo così grande è stato fatto oggetto di regalo per il capriccio di una ballerina! Sappiamo tutti com’è la sua storia.

In quel sangue versato, in quella morte violenta e in quell’essere ridotto a nulla, Gesù ha certamente avuto il presentimento della sua propria fine terrena: il suo destino sarebbe stato come quello di Giovanni! Era il destino del seme che marcisce in terra ma che Dio rende fecondo e portatore di vita. E poi sicuramente Gesù avrà provato un grandissimo dolore per la perdita terrena di un grande amico che era anche suo parente e colui che l’ha aiutato agli inizi del suo lavoro tra la gente. Comprendiamo meglio anche con queste parole il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio che abbiamo contemplato a Natale. Il Figlio di Dio fatto uomo ha condiviso tutto della nostra vita, tranne il peccato. Non siamo forse portati a piangere quando muore un amico o una persona della nostra famiglia? Non diciamo forse di sentirne la mancanza? Non sentiamo forse una ferita nel cuore, a volte così grande che diciamo che non si rimarginerà più? Anche Gesù sa cosa vuol dire tutto questo e ha condiviso i nostri dolori.

E nonostante tutto questo desiderio di stare un po’ da solo e vivere il suo dolore, la gente lo insegue. Gesù vede tutta quella gente, una grande folla, e intuisce anche in lei un grande carico di dolore. Per questo “sentì compassione!”, cioè sentì il suo cuore fremere per il bene di quelle persone, un cuore colmo di tenerezza, un cuore che si commuove nel vedere in che modo quella gente bisognosa accorreva a lui proprio come dei bambini accorrono con fiducia alla loro mamma, che sola può fare a loro del bene. Gesù vive di quella “compassione” e di quella “tenerezza”. Gesù passa la giornata con loro e insegna loro molte cose. Soltanto verso sera i discepoli di Gesù sono presi da un senso di praticità e pensano al fatto che quella gente, affascinata da Gesù, non ha mangiato tutto il giorno e deve ancora fare parecchi chilometri per andare a casa. Ecco allora, accanto alla sofferenza che spesso entra nella vita umana, comparire anche le esigenze più semplici e naturali della nostra vita come il mangiare tutti i giorni.

Spinto dalla medesima tenerezza che gli ha fatto guarire molti ammalati, Gesù compie il gesto narrato nel vangelo: Gesù prende cinque pani e due pesci che avevano i discepoli, alzando gli occhi al cielo recita la benedizione, li spezza e li dà ai discepoli che li portano alla folla. E tutti mangiano a sazietà quel pane che si trova nelle loro mani e che nessuno ha acquistato ma hanno ricevuto come dono gratuito da colui che si prende a cuore la loro vita.

Noi tutti, gente di oggi, siamo chiamati a sentire questa presenza misteriosa di qualcuno, che è Gesù, che ha a cuore la nostra vita e non ci rifiuterà mai uno sguardo d’amore tutte le volte che ci avvicineremo a lui mostrandogli le nostre povertà, i nostri bisogni e le nostre sofferenze. Stiamo invece attenti a che non si frapponga mai, tra noi e Lui, un atteggiamento di pretesa, di sfida, di giudizio: queste cose non fanno nascere lo sguardo d’amore e compassione ma lo allontanano.

Libro dei Numeri 11,4-7 La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il Signore disse a Mosè: “Dirai al popolo: Santificatevi per domani e mangerete carne”. Prima Lettera ai Corinzi 10,1-11 Fratelli, tutte queste cose accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento.

Vangelo secondo Matteo 14,13-21 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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