DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE. SECONDA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

“Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano!”. Qui da noi ci sono tante altre specie di uccelli, oltre ai corvi. Così anche per i fiori: ce ne sono tanti e sono tutti molto belli, non ci sono solo i gigli. Gesù ci invita a guardarli ma non distrattamente. Ci invita a guardare gli uccelli e i fiori facendoci delle domande: chi li ha fatti? Hanno tutti una loro bellezza pur essendo diversi gli uni dagli altri. Come mai vivono? Chi li mantiene in vita? Come fanno a trovare il cibo? Sarebbe facile dire: è il loro istinto, sono fatti così! Ma è meglio approfondire: chi ha dato loro questo istinto? Chi li ha fatti così? E così, a poco a poco, Gesù vuole portarci a Dio Padre: Dio li nutre! Dio veste così bene l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno!

E perché Gesù parla cosi? Quale è la sua vera intenzione quando ci chiede di guardare gli uccelli e i fiori? La risposta è che Gesù vede la nostra vita, il nostro modo di vivere e vede che qualcosa non va bene. Lui vede che siamo “preoccupati per la vita, di quello che mangeremo, e siamo preoccupati per il corpo, di quello che indosseremo”. E ci ricorda che la vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. E ci dice chiaramente: “non state in ansia!”. Come vedeva gli uomini e le donne del suo tempo così vede anche noi oggi.

Lui sa e vede che corriamo per giuste preoccupazioni: prendersi cura degli altri a partire dai propri familiari, essere fedeli ai propri impegni di lavoro, prendersi le proprie responsabilità: tutte queste cose sono buone. Eppure c’è un grosso rischio in tutto questo: quello di fare tutto come se fossimo da soli e autosufficienti. Ma poi, da soli, non ce la facciamo a stare dietro a tutto, non ci sentiamo all’altezza, pesano su di noi i giudizi degli altri, non ci sentiamo capiti e poi commettiamo anche degli errori. Così nascono le nostre preoccupazioni che si trasformano in ansia, ansia che non ci fa stare bene.

Per questo Gesù vuole aprire la nostra mente e il nostro cuore a Dio: voi valete più degli uccelli! Voi valete più dell’erba del campo! Voi siete figli del Padre che si prende cura di voi! Se il Padre si prende cura di tutte le sue creature quanto più si prenderà cura di voi che siete suoi figli, creati a sua immagine! Il cibo, il vestito: certo, sono tutte cose importanti ma “il Padre sa che ne avete bisogno”. Dunque, per prima cosa, pensate che avete un Padre che vi conosce bene, sa di che cosa avete bisogno, è Provvidente e premuroso e così vivrete più tranquilli e sereni perché il resto verrà da sé come frutto della Sua Provvidenza e del vostro impegno e responsabilità. San Luigi Orione, un grande santo della carità, diceva: “Sì, è vero che il Padre dà il cibo agli uccelli del cielo però non glielo mette nel nido, sono loro che devono andare a prenderselo!”.

Quello che abbiamo sentito non è precisamente una chiamata alla conversione nel senso di abbandonare il male per volgersi al bene, oppure nel senso di avvicinarsi a Dio dopo che ci si era allontanati da lui a causa di scelte sbagliate. Oggi Gesù parla amichevolmente a coloro che già hanno scelto di seguirlo, ai suoi primi discepoli e a tutti noi, suoi discepoli di oggi. E parlandoci confidenzialmente ci dà il suo parere sul nostro modo di vivere. In sostanza ci dice che potremmo vivere meglio, più sereni e tranquilli. Invece lui vede che siamo troppo agitati e affannati. Secondo Lui potremmo vivere meglio, già qui su questa terra. Questa vita è già breve di per sé: perché non viverla al meglio e un po’ più tranquilli? Ricordiamo le sue parole: “Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?”. Poi qualcuno potrebbe anche dire: “Ma in fondo io sto già bene così! Non vedo che cosa cambiare. Sono già tranquillo e sereno”. E direbbe così senza per questo allontanarsi da Dio o commettere alcun peccato.

Ma l’invito di Gesù a guardare gli uccelli del cielo e i fiori dei giardini e dei prati, l’invito a contemplare la natura, il suo ordine e la sua straordinaria bellezza rimane forte. La natura è un libro aperto che ci parla di Dio, Creatore, Provvidente, Premuroso, Sapiente e Buono. Leggere bene il libro della natura per pensare a Dio che l’ha fatta porterebbe a tutti un grande frutto per la propria vita, forse a una serenità che ancora non conosciamo.

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio

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