DON BENVENUTO COMMENTA IL VANGELO DELL’8ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

I GIUDICI. Questa parola non deve farci venire in mente un’aula giudiziaria, un tribunale, o un processo. Invece sono state chiamate così alcune persone che, in un certo periodo della loro vita, sono state chiamate a guidare il popolo d’Israele in momenti di particolare difficoltà. Ne ricordiamo alcuni: Gedeone, Sansone, Iefte. Tra loro c’è anche una donna: Debora. L’ultimo è stato Samuele che ha preparato il regno di Davide.

C’è una cosa che tutti loro hanno in comune: nessuno è stato mosso da una sete di potere, dalla voglia di arricchirsi e di mostrare la propria superiorità opprimendo il popolo. Tutti sono stati ispirati da Dio, erano persone del popolo che non si sentivano per nulla superiori agli altri, hanno risposto a una chiamata di Dio che li invitava a superare ogni paura, a farsi coraggio, a confidare nel suo aiuto, a portare avanti una missione particolare. Di solito si trattava di una missione di salvezza.

Infatti nel popolo d’Israele a poco a poco si è affievolito il ricordo delle grandi opere di salvezza che Dio aveva operato al tempo di Mosè e di Giosuè. Avvenne un fatto triste, descritto bene dal salmo che abbiamo pregato poco fa: “I figli d’Israele si mescolarono con le genti e impararono ad agire come loro. Servirono i loro idoli e questi furono per loro un tranello. Si contaminarono con le loro opere, si prostituirono con le loro azioni”. Hanno dimenticato il Dio vivente che li aveva guidati e salvati, hanno imitato le popolazioni circostanti che cercavano la loro sicurezza di vita nella fecondità dei campi, dei greggi e delle mandrie e immaginavano che divinità chiamate Baal e Astarte li aiutassero ad essere fecondi e ricchi e così ottenere sicurezza di vita e salute. E tutto questo poteva essere chiamato con un solo nome: tradimento! Infatti era stata stabilita una alleanza tra Dio e il popolo, un vincolo sponsale di amarsi sempre, di cercarsi e dialogare, di avere un rapporto di fiducia reciproca. Ma tutto questo è andato in frantumi! Il popolo, discendente di Abramo, ha tradito il grande amore che lo legava a Dio! Non ha più avuto fiducia in Dio che lo avrebbe protetto e guidato sempre, in tutto e non solo con il cibo.

Ma Dio non si lascia scoraggiare dall’abbandono del suo popolo, anzi si manifesta con una forza ancora più grande: è la forza del perdono! Dio porta pazienza con il suo popolo, lo educa con calma gli invia delle persone sagge e forti e a poco a poco il popolo capisce e si converte. E questa storia non riguarda solo un secolo o due del popolo d’Israele, ma è continuata anche dopo, al tempo dei re e delle dominazioni straniere.

Anzi, questa storia riguarda anche la comunità dei credenti in Gesù, riguarda anche tutti noi.

Dio educa anche noi con infinita pazienza, come ha fatto Gesù con i suoi apostoli. Lui ha visto che qualcosa non andava bene neppure tra di loro: Giacomo e Giovanni hanno fatto la richiesta di un posto d’onore pensando alla futura gloria del regno instaurato da Gesù, un regno ancora pensato sul modello dei regni di questo mondo, gli altri dieci si sono indignati con quei due, perché non volevano essere inferiori a nessuno. Le parole ancora nascoste in loro ma che a poco a poco stavano germogliando erano parola come: potere, importanza, bravura, fama, capacità di fare, di dire, di essere. Allora Gesù li chiama e stabilisce una differenza: “Voi sapete come vanno le cose nel mondo … … Tra voi però non è così, anzi le cose devono andare al contrario. Se nel mondo si cerca il primo posto tra voi si deve cercare l’ultimo posto, se nel mondo si cerca di diventare grandi e famosi tra voi cercate di essere piccoli i umili, se nel mondo si cerca di dominare sugli altri tra voi si deve cercare di servire gli altri anche fino al punto di essere trattati come servi e schiavi”.

E il motivo è uno solo: l’imitazione di Gesù che si è fatto servo di tutti noi, Lui che è Figlio del Padre e tutto è stato fatto per Lui e in Lui! Lui è il re dell’universo eppure si è fatto nostro servo ed è venuto a dare la vita per tutti noi. Non c’è nulla di più alto e di più onorevole per noi che imitare il nostro Signore nel farsi servo di tutti e nel donare la vita!


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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