DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA 1ª DOMENICA DAL MARTIRIO DEL PRECURSORE

Dio ha formato un popolo che fosse il “suo” popolo prediletto, un popolo speciale tra tutti i popoli della terra. Un popolo stretto a lui con un vincolo di alleanza e di amicizia intensa. L’ha plasmato e l’ha educato con cura, l’ha fatto crescere e l’ha perdonato quando lui si è allontanato. Lungo tutte le domeniche estive abbiamo sentito la narrazione di vari momenti di questa storia.

Ma tutto questo perché Dio l’ha fatto? La risposta è semplice: l’ha fatto per il suo Figlio. In quel popolo il suo Figlio avrebbe trovato una famiglia accogliente, sarebbe cresciuto come un membro di quel popolo, discendente di Abramo. Ma noi ci chiediamo ancora: perché Dio ha fatto questo? E la risposta è altrettanto semplice: per amore! Perché Dio ama tutti i popoli, Dio ama tutti noi e vuole che ogni singola persona conosca il suo Figlio, lo incontri personalmente, lo ami!

Noi sappiamo che questo Figlio di Dio è nato da Maria di Nazareth, sappiamo che si chiama Gesù. Ma nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato il suo nome non compare. Per una trentina d’anni è stato come nascosto in una casa di Nazareth e in una officina da falegname. Poi si muove e va verso un maestro che faceva molto parlare di sé perché aveva uno stile di vita austero e un po’ isolato dal mondo, parlava di Dio con forza e chiarezza e la gente andava da lui. In più compiva un rito di purificazione dal male. E se la gente andava da lui vuol dire che tante persone condividevano il desiderio di una vita più pura, più santa, più fedele a Dio. Quell’uomo si chiamava Giovanni (che vuol dire Dio fa grazia) e il rito che compiva era l’immersione nell’acqua del fiume Giordano ma una immersione fatta con l’intenzione di cambiare e rinnovare la propria vita. Queste cose così semplici dovevano apparire molto strane alle autorità religiose che si occupavano del tempio di Dio in Gerusalemme e dell’organizzazione dei tempi e delle forme di preghiera. E dovevano apparire cose strane e anche innocue al re Erode e ai suoi funzionari, e così anche all’autorità romana che manteneva l’ordine pubblico.

In quei giorni tutto sommato tranquilli però era frequente sentire una domanda: ma il Messia come sarà? Chi sarà? Cosa succederà quando verrà? Da dove verrà? E siccome questo Giovanni si dimostra molto diverso dagli altri perché si vede e si sente che lui è un vero uomo di Dio, non sarà lui il Messia, cioè il Cristo?

In quei giorni arriva da Nazareth una persona come tante altre, desiderosa come tutti di vivere una vita gradita a Dio. Giovanni, illuminato da Dio, lo riconosce come il Cristo, mandato da Dio stesso. E’ un po’ titubante ma poi accetta di battezzare pure lui. Poco dopo si sente che questa persona si allontana un po’ e comincia a battezzare “dall’altra parte del Giordano”. E la gente si divide anzi sembra che abbia le sua preferenze e sembra addirittura che preferisca staccarsi da Giovanni andare da questo che è l’ultimo arrivato e fa la figura di chi “ha rubato il mestiere” a Giovanni.

E qui succede qualcosa che esternamente sembra una cosa da niente ma agli occhi di Dio e anche nostri è una cosa grandiosa: Giovanni, amato e stimato da tanti poveri e semplici che nel loro cuore si affidavano a Dio e riconoscevano in lui un uomo di Dio, arriva a dire: “Non venite più da me, andate da Lui! E’ Lui che noi tutti aspettiamo. Lui è arrivato: ora la mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire”.

Per noi Giovanni è colui che ci ha indicato la strada, è colui che ci ha dato l’esempio: Giovanni sa di essere stato chiamato da Dio a preparare la strada a Colui che doveva venire. La sua vita è tutta orientata a Colui che sarebbe venuto dopo. Giovanni è uno strumento nella mani di Dio affinché la gente che prima è giunta da lui, in seguito con il suo aiuto, andasse da Gesù. Giovanni lo chiama con un nome bellissimo: lo sposo! E lui si definisce l’amico dello sposo! Ma sa che dovrà mettersi in disparte quando arriverà la sposa. E fa questo non con il volto arrabbiato ma lo fa volentieri e felicemente.

L’esempio di Giovanni deve entrare nella nostra vita quotidiana, familiare e comunitaria. Dal nostro modo di vivere deve emergere questo messaggio: “Io Gesù l’ho incontrato. Io vivo per Lui e grazie a Lui! Lui è la mia forza e la mia gioia! Io invito anche te ad andare da Lui!”.

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio

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