DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA DOMENICA DI LAZZARO

Affresco Resurrezione di Lazzaro (1561) di F. Zuccari

Con grande coraggio Gesù fa una dichiarazione che in un primo momento ci sconvolge, o perlomeno ci meraviglia e ci sorprende. Definisce la malattia di Lazzaro un evento positivo, una occasione propizia che porterà gloria a Dio e per mezzo di quella stessa malattia Gesù stesso viene glorificato. Gesù si riferisce solo alla malattia di Lazzaro o intende parlare anche delle nostre malattie? Quando ci ammaliamo noi o sono malate persone a noi care riusciamo a intravedere qualche spiraglio di gloria? E che cosa è questa gloria a cui si riferisce Gesù?

Concretamente i fatti sono andati così:le sorelle di Lazzaro mandano a chiamare Gesù, certamente pensando al fatto che, come Gesù aveva guarito tanti ammalati così avrebbe guarito anche il loro fratello Lazzaro. Ma Gesù non corre a visitare e a guarire il suo amico. Anzi, sembra che faccia apposta a stare lontano e aspetti che Lazzaro muoia e ai discepoli dice anche il motivo di questa attesa: “affinché voi crediate!”. Così appare chiara l’intenzione di Gesù: sapendo di essere giunto al termine della sua vita terrena vuole dare un segno particolarmente evidente, chiaro e forte della sua potenza e della sua intensa relazione con il Padre: richiamare alla vita un amico che era morto già da quattro giorni cioè quando ormai era certo che non c’era più alcuna speranza e tutti erano ormai rassegnati.

Sarebbe come dire che Lui è il Signore della vita, è colui che dona la vita, anzi, nel dialogo con Marta arriva a dire: “Io sono la vita! Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. Anche solo queste parole dovrebbero attirarci profondamente. Sentir dire che un giorno tutti siamo destinati a morire è una cosa che non vorremmo sentire e ci rende tristi, al massimo aggiungiamo che se questo deve proprio avvenire, si spera che sia il più tardi possibile. La morte fa paura e non vorremmo sentirne parlare. Allora cosa diciamo quando sentiamo che uno ci prospetta la possibilità di non morire mai? Non dovremmo forse correre da lui per vedere cosa ci propone? Come si fa a non morire mai? E che cosa vuol dire vivere sempre? Vorrà forse dire aggiungere cento anni ai primi cento che viviamo? E così per sempre? Non vale forse la pena di andare direttamente a Gesù e dirgli: “Signore che cosa è la vita? Di che cosa ci stai parlando? Signore, io voglio vivere e vivere sempre! Fammi comprendere la tua parola quando dici: chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”.

Poi, dopo avere incontrato Marta, Gesù incontra anche sua sorella Maria e così si avvicina al sepolcro. E qui avviene qualcosa che ci meraviglia molto: si dice infatti che “Gesù scoppiò in pianto”. E la gente commenta in senso giusto dicendo: “Guarda come lo amava!”. Se si piange quando una persona che ci è cara è morta è perché ne sentiamo il distacco e la separazione, è perché non riusciamo più a comunicare con lei le nostre parole, i nostri sentimenti, i nostri abbracci. Non ci saremmo aspettati questo pianto da Gesù che ha detto: “Io sono la vita” e quindi sapeva che il suo amico, proprio perché era suo amico, era vivo e non morto pur essendo nel sepolcro da quattro giorni. Perché allora Gesù ha pianto? È semplice: perché noi esprimiamo con il pianto il nostro dolore e Gesù ha condiviso in tutto la nostra umanità, tranne che nel peccato. Infine arriva il momento più inaspettato e meraviglioso agli occhi di chi era presente: Lazzaro, chiamato da Gesù, esce dal sepolcro e ritorna alla vita terrena. Le sorelle di Lazzaro, i discepoli di Gesù si sono certamente rafforzati nella loro amicizia con Gesù ma anche molti Giudei credettero in lui.

Ma qui avviene qualcosa di inaspettato, qualcosa di ancora più grande del ritorno alla vita di un morto sepolto da quattro giorni. È un annuncio che viene dalla bocca di un uomo che non amava Gesù, anzi lo voleva eliminare. È l’annuncio mai sentito prima, detto da colui che presiedeva il tribunale superiore che dopo pochi giorni avrebbe condannato a morte Gesù. E l’annuncio è questo: UN UOMO SOLO È BENE CHE MUOIA PER IL POPOLO! Caifa ha detto con disprezzo questa frase ma non si è reso conto di aver detto una cosa giusta: davvero Gesù è morto per il popolo, è morto non per caso, non vittima di un complotto, non per l’odio di qualcuno o per sua debolezza. È morto per qualcuno che amava, per i suoi discepoli, per tutti noi. È morto perché ci ha amati. Intendiamo dire questo ogni volta che diciamo le sue parole: Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi!”.


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio e Morterone

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