DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI

Paolo era ancora giovane e di poca esperienza quando è arrivato a Tessalonica. Convertito da poco, viveva la gioia di annunciare la Buona Notizia che Dio ci ama e ci ha donato suo Figlio Gesù che è risorto da morte e dona anche a noi la vita eterna. Ha trovato tante persone animate da buona volontà che l’hanno accolto e hanno accettato la sua parola come Parola di Dio. È nata così una comunità semplice e gioiosa. Non aveva ancora completato il suo annuncio quando, un giorno, a causa di difficoltà con i Giudei, ha dovuto scappare improvvisamente e si è diretto ad Atene. 

Loro cercano di mantenersi fedeli agli insegnamenti di Paolo ma a un certo punto qualcuno di loro muore, come avviene dappertutto su questa terra. Nella loro semplicità si sono chiesti: ma come? Paolo apostolo di Gesù, non ci aveva annunciato la vita eterna? E come mai anche noi credenti moriamo come gli altri? Se moriamo come tutti allora a cosa serve diventare credenti? Allora l’apostolo Paolo, da lontano, scrive a loro la sua prima lettera che noi riteniamo molto preziosa perché è il primo scritto che parla della vita delle prime comunità cristiane. Poi seguiranno altre lettere e i racconti dei Vangeli. Abbiamo bisogno anche noi di tornare alle origini della nostra fede e chiederci se davvero serve a qualcosa essere credenti in Gesù o non serve proprio a niente. Infatti, la nostra vita sembra uguale in tutto a quella degli altri, senza dimenticare che gli altri, che non credono, hanno la vita più facile della nostra. Almeno così sembra, certe volte. 

Prima di tutto Paolo sottolinea che c’è una differenza tra noi e gli altri. Noi abbiamo la forza interiore che si chiama speranza, una forza che nasce dalla 

nostra adesione a Dio Padre. Se la nostra fede e la nostra speranza sono vere è facile pensare che, se Dio è Padre che ci ha chiamato alla vita, certamente vorrà mantenere in vita i suoi figli. Nessun padre o madre generano figli per poi farli morire. Gli altri che non hanno questa fede, alla morte di qualche persona cara, cadono nella tristezza perché quella persona non c’è più. Noi non possiamo dire questo e quindi non possiamo cadere nella tristezza come chi non ha speranza. Quando muore una persona che ci è cara siamo anche noi addolorati e abbiamo bisogno di conforto e di consolazione. Ma non è la tristezza di chi vede che i bei tempi sono passati per sempre e tutto sembra finito. Noi abbiamo una fede speciale, noi “crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù radunerà con lui coloro che sono morti”. Poi Paolo dice con chiarezza che un giorno “risorgeranno i morti in Cristo”. È un accenno al fatto che la salvezza operata da Gesù sarà completa anche per noi quando Dio ci ridonerà il nostro corpo reso glorioso ed eterno. Poche parole ma che l’apostolo Paolo rivolge ai suoi amici perché si confortino a vicenda. 

Dobbiamo stare tutti attenti al fatto che, quando muore una persona familiare, il dolore è un calice amaro che non si può addolcire in nessun modo, non ci sono parole umane che lo possono fare. Le uniche parole di conforto sono quelle divine, l’unico conforto è “l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Tutto questo riguarda noi stessi. 

Ma poi ci sono le persone che abbiamo conosciuto e amato, quelle con cui abbiamo collaborato e abbiamo condiviso tanti momenti belli e tante fatiche: di tutte loro sentiamo la mancanza, pensiamo alle cose che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, oggi le ricordiamo tutte con amore, forse anche una parola di perdono fa bene a tutti, e anche il dolore va assaporato nuovamente e va offerto unendolo al dolore di Gesù in croce. Ma oggi vogliamo ricordare soprattutto la parola di Gesù quando dice: “IN VERITÀ IN VERITÀ VI DICO: CHI CREDE HA LA VITA ETERNA”. Quando preghiamo durante la Messa e affidiamo al Padre i nostri defunti diciamo “dei quali Tu solo ha conosciuto la fede” e per tutti noi chiediamo: “concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria”. Così il ricordo dei nostri morti diventa un ricordo non triste ma bello perché tiene vivo il nostro amore e ci rende forti nella speranza.


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio e Morterone

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