DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Fine della storia. L’abbiamo chiamata storia della nostra salvezza, storia dei nostri padri, storia di Dio che entra a poco a poco nella vita umana e chiama un uomo di nome Abramo, legandosi a lui in amicizia fedele. L’abbiamo ascoltata nelle sue tappe fondamentali lungo il periodo estivo. Abbiamo sentito la narrazione anche di momenti drammatici come la distruzione di Gerusalemme (domenica scorsa). Ma la conclusione qual è? È la formazione di un popolo fedele all’amore, ascoltatore della Parola che Dio gli rivolge, un popolo poco importante agli occhi di re e imperatori, un popolo senza importanza militare ed economica, un popolo povero che per la sua sopravvivenza si affida solo a Dio. Un popolo fatto di persone come Simeone e Anna, Zaccaria ed Elisabetta, Gioachino e Anna, Maria e Giuseppe, i pastori che vegliavano il gregge la notte in cui un bambino è nato e gli è stato posto il nome di Gesù. Questo è il popolo che piace a Dio.

Oggi abbiamo visto un fatto particolarmente drammatico: un folto gruppo di persone decide di andare a vivere nel deserto, isolandosi da tutti, per evitare di sottostare alle leggi inique del re siriano Antioco IV. Antioco era tutto preso dall’idea della modernità: secondo lui tutti dovevano uniformarsi al modo di vivere dei Greci: la loro filosofia e letteratura, i teatri, l’architettura delle città, la bellezza delle statue e dei templi, il fascino delle loro storie mitologiche. Lui ne era affascinato e vedeva tutto questo come un progresso ma il popolo ebraico non era disposto a rinunciare alla propria storia e soprattutto all’alleanza con Dio che aveva dato la legge della vita nei dieci comandamenti. Per questo nella Bibbia si dice: “Tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re. Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi con i loro figli, le loro mogli e il bestiame, perché si erano inaspriti i mali contro di loro”. Vengono denunciati, vengono attaccati proprio in giorno di sabato e loro, per fedeltà alla legge di Dio, rinunciano a difendersi, quindi vengono sterminati. Morendo dichiarano: “Moriamo tutti nella nostra innocenza. Ci sono testimoni il cielo e la terra che ci fate morire ingiustamente”. Morire da innocenti, vittime del potere dei prepotenti. Morire nella fedeltà alla parola di Dio che ha guidato nella vita. Morire affidandosi a Dio che tutto vede e tutto giudica a tempo opportuno.

Ormai tutto è pronto, mancano solo pochi decenni perché il Figlio di Dio possa incarnarsi nel seno di Maria ed entrare nella storia degli uomini. In questa storia Lui pure incontrerà persone che abusano del loro potere e si scateneranno contro di Lui. Lui pure morirà da innocente e affidandosi a Dio suo Padre. Quegli israeliti sono morti senza conoscere Gesù ma con la loro morte sono stati dei veri profeti: hanno preparato la via al Messia sofferente che muore dopo aver fatto tanto bene e risorgendo da morte dimostra che Dio non abbandona chi si affida a Lui. Anche Gesù ha trovato gente che diceva: “Ha salvato gli altri, ora salvi se stesso! Si è affidato a Dio: scenda ora a salvarlo!”.

E la storia si ripete. Il Beato Rosario Livatino ha cercato anche lui il diritto e la giustizia. È stato un giudice della nostra magistratura. A chi l’ha messo in guardia ha risposto: “Sono nelle mani di Dio!”. Il 21 settembre 1990, alle porte di Agrigento, perse la vita, vittima di un agguato mafioso. A chi gli stava sparando ha detto: “Cosa vi ho fatto?”. Non si è messo nei pericoli. Ha soltanto voluto cercare il diritto e la giustizia e ha voluto essere fedele alla parola di Dio, fino in fondo.


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio e Morterone

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