PASSEGGIATA SULLA ‘TRE VALLI’. “ASFALTO IN ALTA MONTAGNA? PROPRIO NO!”

Nella tarda primavera del 2012 con un paio di amici appassionati di montagna, partendo da Quindicina di Pizzino in Val Taleggio, provincia di Bergamo, ci siamo concessi una tre giorni non-stop sui monti di casa proprio nella zona che sarebbe oggigiorno diventata lo scenario cultural-geografico-ambientale della sempre più conosciuta ma poco o nulla apprezzata “Strada delle tre Valli” che nelle intenzioni dei proponenti dovrebbe migliorare se non risolvere, come per incanto, tutte le pendenti problematiche dei territori di montagna attraversati e che da tempo immemore attendono invece di essere affrontate in modo organico e dunque avviate a concreta soluzione.

Il primo giorno, transitando nei pressi del Monte Aralalta che domina un’ampia e incontaminata conca erbosa, in compagnia di caprioli e coturnici ci siamo diretti per il pernottamento verso i Piani di Artavaggio facendo tappa sulla cima del Sodadura, raggiungendo il giorno successivo lo Zucco di Maesimo e per facile sentiero il Passo della Culmine di San Pietro, ancora in Valsassina. Successivamente, lunga scarpinata sullo sterrato che conduce alla Forcella d’Olino e poi ancora lungo i più conosciuti sentieri del Resegone siamo stati accolti da un confortevole agriturismo nelle vicinanze della Costa del Palio, dove abbiamo passato l’ultima e piacevole notte in montagna. La mattina del terzo e ultimo giorno della nostra improvvisata vacanziella, camminando in libertà, abbiamo guadagnato lo Zuc di Valbona e seguendo l’aerea dorsale eccoci, prima, alla Madonnina dei Canti e poco più in là al cospetto dei famosi e maestosi Tre faggi.

Dopo una meritata sosta ristoratrice e divorati gli ultimi panini abbiamo imboccato una strada agrosilvopastorale dal fondo ben tenuto e forse anche di recente realizzazione che, con gradevoli pendenze e senza un evidente impatto sull’Ambiente, ci ha accompagnato al paese di Fuipiano dove nei giorni precedenti avevamo parcheggiato la seconda auto da utilizzare per tornare a Pizzino. Nota a margine: la gentile signora che gestiva il vicino negozio di alimentari, dove avevamo fatto la spesa e chiesto informazioni sul tragitto, quando ha saputo dell’escursione e che avremmo lasciato parcheggiata la nostra auto per tre giorni nelle vicinanze del suo esercizio commerciale, ci disse di stare tranquilli che… avrebbe vigilato, Lei. Troppo bello e tipico della nostra accogliente e solidale cultura montanara.

Tornando a noi e al tema principale, in quei giorni ormai lontani nel tempo, certamente non avrei immaginato quali insidie si stessero avvicinando, a minaccia dell’integrità di quei territori così cari e apprezzabili anche dal punto di vista paesaggistico. Proprio il ricordo di quel percorso stradale dal fondo sterrato che mi è sembrato poco invasivo per l’incantevole contesto naturale circostante e dunque rispettoso dell’Ambiente della Valle Imagna, mi sollecita alcune considerazioni. Come dicevo poc’anzi il fondo stradale non era “asfaltato” ma comunque risultava, in modo del tutto esplicito, funzionale alle esigenze della gente che abita, opera e presidia quel bellissimo spicchio di incontaminata montagna Lombarda ma, oggi, mi fa venire in mente che a poca distanza da lì si vorrebbe, invece e improvvidamente, asfaltare un lungo tratto della esistente strada agrosilvopastorale a scavalco tra le due province di Lecco e Bergamo in un Ambiente, quello della Costa del Palio, ancora integro e che chiede soltanto di essere tutelato e valorizzato in modo sostenibile. Ciò, senza utilizzare o peggio forzare “soluzioni” inutilmente invasive, chiaramente elettoralistiche quanto potenzialmente traumatiche per quegli antichi boschi e certamente deleterie per i verdi scenari naturali che da lassù si possono ammirare. Quando nubi scure e minacciose si addensano sulla cima delle montagne prima o poi piove, anche su Resegone e dintorni.

L’asfalto sui pascoli in Alta montagna, proprio no! Dal Piemonte al Trentino, infatti, sono state positivamente e da longtemps sperimentate altre soluzioni tecniche che consentono la costruzione e il transito su questo tipo di strade di montagna agli autoveicoli di piccole dimensioni ma anche ai più pesanti mezzi forestali. Tutta questa lunga premessa per dire che è certamente possibile che si pensi di migliorare quel datato e “sgarruppato” percorso agrosilvopastorale, a transito limitato nel comune di Morterone che meglio conosco. Ancora più meritevole di elogio sarà, almeno in futuro, la buona abitudine di garantire a questa ma anche alle altre strade montane del territorio l’indispensabile manutenzione ordinaria e straordinaria che, in più, favorirebbe il passaggio di cicloturisti e escursionisti ma che non sempre viene assicurata in modo continuativo e per quanto richiesto dalla evidente usura causata dagli eventi atmosferici e dal transito di mezzi con “pesi” eccessivi che, almeno in futuro, dovranno essere controllati e dunque inibiti da chi di dovere. Lo so che in montagna è tutto più difficile ma fra il tutto e il niente, ci siamo capiti.

Questo vale anche per la Sp 63, oggetto in questi giorni di tardive manutenzioni e, si spera presto, anche della ricostruzione dei vetusti e logori ponticelli che si incontrano tra Ballabio e Morterone. Da ultimo ma non per ultimo e anche qui: sarebbe del tutto inaccettabile, inutile e antieconomico ricostruire nuovi ponti e fare manutenzione al fondo stradale, pubblico, se poi non si controlla con assidua continuità il rispetto dei pesi in transito. Non basta mettere i cartelli!

Claudio Baruffaldi