INNOVAZIONE E BIOLOGIA PER IL TRATTAMENTO DELLE ACQUE LECCHESI

Lario Reti Holding, gestore del Servizio Idrico Integrato per la provincia di Lecco, ha sempre posto massima attenzione alla sostenibilità ambientale, cercando di implementare soluzioni innovative nei propri impianti e ridurre l’impatto che la gestione delle acque può avere sui delicati equilibri dell’ecosistema.

Tra le sfide ambientali più rilevanti, il trattamento delle acque reflue – cioè di fognatura – emerge come un settore cruciale. È proprio in questo processo che interviene una grande varietà di trattamenti biologici, che permettono di sfruttare le soluzioni offerte dalla natura per preservare la natura stessa.

Questi trattamenti biologici avvengono in ogni momento del processo di depurazione delle acque ma le fasi in cui è più percepibile un intervento “bio” sono tre: le vasche a fanghi attivi, i biofiltri per l’aria e le vasche di fitodepurazione.

Le vasche di ossidazione biologica a fanghi attivi

Le vasche di ossidazione biologica a fanghi attivi, presenti in tutti i nostri impianti di depurazione, costituiscono il principale processo di trattamento delle acque.
In queste vasche, diverse colonie batteriche consumano il materiale organico biodegradabile, utilizzandolo come nutrimento per ottenere l’energia ed il materiale necessari per la sintesi di nuove cellule.

Queste vasche sono il cuore dell’impianto e la loro funzione è quella di eliminare le sostanze inquinanti grazie al lavoro di batteri e protozoi, i quali si nutrono delle sostanze organiche che inquinano l’acqua, depurandola naturalmente.

Ma quali batteri vivono in questi impianti e come lavorano per depurare l’acqua?

Tra i batteri più comunemente presenti nei depuratori ci sono i batteri nitrificanti, come Nitrosomonas e Nitrobacter. Questi sono responsabili della nitrificazione, un processo tramite il quale l’ammonio presente nelle acque reflue e proveniente dalle urine umane, viene convertito prima in nitriti e poi in nitrati. Questa trasformazione è fondamentale per rimuovere l’ammonio tossico dall’acqua, rendendola adatta alla vita acquatica e riducendo l’inquinamento ambientale.

Altri batteri cruciali sono quelli coinvolti nella denitrificazione come lo Pseudomonas. Questi microrganismi lavorano per convertire i nitrati presenti nell’acqua in azoto gassoso, che viene rilasciato nell’atmosfera. La denitrificazione è essenziale per prevenire l’eccessiva crescita di alghe nelle acque superficiali, riducendo il rischio di eutrofizzazione (un processo degenerativo delle acque indotto da eccessivi apporti di sostanze ad effetto fertilizzante) e migliorando la qualità complessiva dell’ecosistema acquatico.

Un altro gruppo di batteri fondamentali nei depuratori delle acque sono quelli coinvolti nella decomposizione della materia organica. Batteri come Bacillus e Pseudomonas lavorano per scomporre i materiali organici presenti nelle acque reflue, trasformandoli in composti più stabili e meno nocivi. Questo processo aiuta a ridurre sia l’odore sgradevole che il rischio di contaminazione microbiologica dell’acqua trattata.

I batteri giocano un ruolo fondamentale nei depuratori delle acque, contribuendo in modo significativo alla rimozione di inquinanti e alla produzione di acqua pulita e sicura per il consumo umano e ambientale. Continuare a comprendere e sfruttare il potenziale dei microrganismi specializzati nei processi di depurazione delle acque è essenziale per affrontare le sfide legate alla sicurezza idrica e all’inquinamento ambientale che affligge il mondo moderno.

Non solo acqua ma anche aria: i biofiltri

Dopo il trattamento nelle vasche a fanghi attivi, i reflui vengono inviati al sedimentatore dove il fango viene separato dall’acqua e raccolto per essere riutilizzato o smaltito in modo sicuro.

I fanghi vengono inviati alla sezione di disidratazione tramite centrifughe che ne riducono il volume, togliendo acqua e preparando il fango al riutilizzo o allo smaltimento.

È durante questa fase di avvio del processo di disidratazione che si generano odori molto fastidiosi. Nel conseguente trattamento dell’aria, con lo scopo di abbattimento degli odori e in generale per la rimozione di inquinanti indesiderati, vengono impiegati i sistemi di biofiltrazione.

Un sistema di biofiltrazione è costituito da un letto filtrante che fornisce un ambiente ideale per la crescita di microrganismi, come batteri e funghi, in grado di biodegradare gli inquinanti presenti nell’aria. Questo strato filtrante può essere costituito da materiale organico soffice e poroso, generalmente di origine vegetale o animale. Particolarmente resistente all’umidità e alla temperatura, è capace di mantenere per lungo tempo le caratteristiche di filtrazione.

L’aria maleodorante viene inviata al biofiltro e ripartita uniformemente sul letto filtrante, attraverso un sistema di distribuzione fatto di tubi perforati o piastre diffuse. Questo permette all’aria di passare attraverso il letto filtrante, esponendola ai microrganismi presenti all’interno.

I principi su cui si basa l’azione del biofiltro sono analoghi a quelli utilizzati nei processi di trattamento biologico delle acque reflue: le sostanze biologiche maleodoranti vengono abbattute attraverso l’uso di batteri e funghi in grado di metabolizzarle e trasformarle in composti non tossici e non odorosi, come acqua e anidride carbonica.

Nell’impianto di depurazione di Lecco, tutte le emissioni provenienti dai vari comparti (come ispessimento, grigliatura, stoccaggio e disidratazione dei fanghi) vengono aspirate e dirette verso un impianto di trattamento combinato. Qui, un biofiltro sfrutta l’azione di gusci di cozze, capesante e ostriche, integrando un approccio circolare e di riutilizzo della materia.

I materiali utilizzati in questi biofiltri non sono solo gusci di molluschi ma possono essere realizzati anche con altri materiali, pur mantenendo un principio di funzionamento simile. Ad esempio, presso l’impianto di Nibionno si utilizzano lapilli vulcanici mentre a Calolziocorte si impiegano ramaglie, ovvero rami secchi provenienti dalla potatura di alberi o caduti naturalmente.

Vasche di fitodepurazione

Come descritto precedentemente, dopo il trattamento nel sedimentatore, l’acqua e il fango prendono due vie separate. Le acque reflue depurate vengono reimmesse in natura nei corsi d’acqua superficiali ma prima, in alcuni pianti, se dotati di tale sistema, raggiungono un bacino di fitodepurazione.

La fitodepurazione è un sistema di trattamento progettato e costruito per riprodurre artificialmente i naturali processi autodepurativi presenti negli ambienti umidi: un bacino impermeabilizzato, riempito con materiale ghiaioso, e vegetato da piante – acquatiche e non – che combinano la loro azione al fine di rendere pulita l’acqua anche grazie ad alcuni microrganismi che, attraverso reazioni biochimiche, eliminano le sostanze inquinanti presenti.

L’azione delle piante è fondamentale perché nelle loro radici si sviluppano i microrganismi necessari all’intero sistema: essi, assorbendo l’ossigeno prodotto dalle specie vegetali, innescano i processi chimici necessari alla depurazione dell’acqua.

Le specie vegetali utilizzate nei sistemi di depurazione naturale sono piante acquatiche e idrofile, adattate a crescere in suoli parzialmente o perennemente saturi d’acqua.

La parte sommersa delle piante acquatiche esplica la duplice funzione di filtro e di supporto per la popolazione microbica. Ulteriori funzioni svolte dalla vegetazione sono la riduzione del volume del refluo attraverso l’assorbimento radicale e la traspirazione fogliare, l’assorbimento e l’asportazione di fitonutrienti e di elementi tossici, la filtrazione del refluo.

Le piante più utilizzate in questo tipo di sistemi sono quelle denominate macrofite (piante superiori) acquatiche.

Lario Reti Holding ha in gestione due impianti di fitodepurazione: uno a Nibionno e uno a Lomagna. A Nibionno è presente un sistema di affinamento a flusso superficiale con due bacini depura le acque reflue del depuratore, costruito dal Parco Regionale della Valle del Lambro: un ecosistema con filtro di affinamento a flusso superficiale composto da due bacini distinti.
Con una profondità media di un metro e vegetazione di canneto, presentano un tempo medio di residenza delle acque di 5-10 ore, con successivo scarico nel fiume Lambro. Il bacino occupa 2,16 ettari, con 5.000 metri cubi di volume e ha una profondità media di 50 cm con buche di 150 cm per la sedimentazione.

Il bacino di fitodepurazione di Lomagna, invece, è stato realizzato a salvaguardia del Parco Regionale di Montevecchia e del Torrente Molgoretta, per la risoluzione degli allagamenti della zona. Questa vasca, impermeabilizzata e rivestita con uno strato di materiale naturale, è stata progettata per accogliere le acque di prima e seconda pioggia provenienti dalla vicina area industriale dismessa, sostituendo il sistema di scarico precedente che confluiva direttamente nel fiume Lambro. Il progetto ha comportato anche la creazione di un bacino di sedimentazione per il pretrattamento delle acque prima del loro passaggio attraverso l’area umida, dove sono collocate le piante acquatiche in grado di filtrare i contaminanti. L’infrastruttura, estesa su un’area di 2,16 ettari e con una capacità di 5.000 metri cubi, si trova nella zona settentrionale dell’area industriale, in Via Giotto all’interno dell’area Ex-RDB.