DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Abbiamo ascoltato una lunga storia, la storia di un uomo sofferente e trascurato praticamente da tutti, ridotto ad essere un mendicante per sopravvivere. Ma quest’uomo guarisce e affida la sua vita (questo è il significato della parola ‘Credo!’) a Colui che l’ha guarito, cioè a Gesù di Nazareth, che in quel momento stava sfuggendo dai Giudei che gli tiravano i sassi. Eppure, anche in quel momento in cui Gesù era in pericolo di vita, davanti alla sofferenza di un uomo si ferma e lo salva. Come sempre, Gesù è in giro tra la gente a cercare la fede, cioè desidera unicamente essere accolto con fede e con amore e quando gli capita un’occasione come questa non se la lascia scappare. Alla donna samaritana che aspettava il Messia Gesù dice: “Sono io, che parlo con te!”. Così anche a quest’uomo, che prima era cieco e adesso si trova guarito, Gesù dice: “Lo hai visto: è colui che parla con te”.

Ma la storia inizia con una domanda dei discepoli. Davanti a un uomo che non vede chiedono al maestro di chi è la colpa. Si comportano come quando due bambini litigano a scuola e la domanda è: “Chi ha cominciato?” Oppure quando capita un guaio, piccolo o grande che sia, si vuol sapere: “Chi è stato?”. E’ il desiderio di trovare il colpevole, così una volta trovato e possibilmente eliminato, si può stare tranquilli perché si pensa di avere eliminato il male. Ma nella storia dei popoli e delle persone è sempre stato molto facile pensare che quando succede una malattia è stato Dio a mandarla come punizione per gli sbagli commessi. Insomma anche Dio si comporta come noi: quando si sente offeso si arrabbia e punisce.

Ma Gesù sa di avere una missione in mezzo agli uomini: quella di far conoscere il vero volto di Dio che lui conosce bene perché è Figlio. Il suo vero volto è l’amore e nient’altro. Dio ama e basta. Per questo dice con chiarezza: questa cecità non è la conseguenza di qualche peccato! E poi coraggiosamente dice: “E’ così perché in lui siano manifestate le opere di Dio!”. E quale è l’opera di Dio? Guardando l’insieme della storia dobbiamo dire: la grande opera di Dio è quest’uomo che sta bene, che ha ritrovato la sua dignità di uomo amato e rispettato da tutti e che affida la sua vita a Gesù, riconosciuto come il Figlio di Dio. Quest’opera è compiuta da Gesù in un momento drammatico della sua vita. Per ora è fuggitivo ma trova il coraggio di fermarsi e compiere quest’opera di salvezza di un essere umano. E’ ancora in tempo a salvare qualcuno, questo è il giorno della sua vita terrena. Ma lui sa che sta per venire la notte, l’ora delle tenebre. E’ l’ora della sofferenza nel giardino degli ulivi, del suo arresto, della sua infinita sofferenza fino alla morte sulla croce. E lì, sulla croce, all’uomo crocifisso che lo invoca, non lo salva togliendolo dalla croce, come ha fatto con questo cieco cui ha ridonato anche la salute fisica, ma lo salva dicendogli:

“Oggi sarai con me in paradiso!”. Gesù è sempre la luce del mondo e la forza delle tenebre hanno cercato di sconfiggere questa luce ma non ci sono riuscite. Anche sulla croce Gesù compie l’opera di salvezza di un uomo e questo per la gloria del Padre, perché il Padre ama tutti i suoi figli. Così è scritto all’inizio del Vangelo di Giovanni: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”.

Viviamo dunque anche noi con questa coscienza: che siamo noi stessi l’opera di Dio. Dio ha voluto fare di noi un vero capolavoro: persone amate da lui, che si amano tra di loro, che gli sono fedeli e docili come lo è il suo Figlio Gesù. E tutto questo è la nostra gioia e la nostra pace. Ma spesso questo non avviene perché non coltiviamo la nostra dignità di figli del Dio amore e di fratelli del nostro prossimo. Ci abbassiamo all’adorazione di idoli vuoti costruiti e inventati da noi uomini mentre invece il nostro cuore è fatto per Dio solo e per il suo amore. Da qui nascono le nostre sofferenze e i nostri travagli. Ma Dio conosce tutte le nostre sofferenze e non sta in pace fino a quando non avrà restaurato totalmente la nostra condizione di figli. Così si era presentato a Mosè sul monte Sinai: “Conosco le sofferenze del mio popolo. Sono sceso per liberarlo!”. Possiamo dire con coraggio che anche Dio non è pienamente felice fino a quando non vedrà noi suoi figli pienamente salvati e felici.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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