DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA 2ª DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE

“Venite alle nozze!”. Queste parole sono qualcosa di più di un semplice invito a una festa. Possiamo dire che sono come la presentazione di un progetto che coinvolge tutto il mondo e abbraccia tutti i secoli della storia. Un progetto nel quale siamo coinvolti anche tutti noi. E’ vero che nella storia inventata da Gesù ci sono alcuni particolari che ci meravigliano e che chiedono di essere spiegati. Ma noi li mettiamo da parte. Consideriamo questo progetto: le parole “festa di nozze per suo figlio” richiamano alla nostra mente un evento bello, grandioso, di grande felicità. Ebbene, dobbiamo dire: questo è il progetto di Dio su di noi. Questo è il nostro destino. È espresso con la parola “nozze”: e tutti sappiamo che è la festa dell’amore, della vita, della gioia. Essere felici: questo è il nostro destino, questo è quello che Dio ha preparato per noi. La festa di nozze è soltanto un paragone umano per dire tutta la bellezza e la grandezza di ciò che Dio pensa e vuole per noi. Allora, anche se siamo solo all’inizio della storia, possiamo già fermarci e pensare: ma io sono proprio convinto che le cose stanno così? Ci credo davvero che Dio ha su di me, su tutti noi, un progetto di grande gioia e di grande festa? Questo grande progetto è descritto con parole poetiche anche dal profeta Isaia che si serve dell’immagine di un banchetto di cibi buonissimi e di vini raffinati e parla anche della fine di ogni sofferenza quando dice “eliminerà la morte per sempre e asciugherà le lacrime su ogni volto”.

Eppure succede qualcosa di strano: gli invitati alle nozze “non vogliono venire”. Non si curano di quell’invito alla festa, vanno a coltivare i propri campi e a prendersi cura dei propri affari. Non hanno tempo da perdere per andare a una festa, sia pure la festa di nozze del figlio del re. Eppure si tratta solo di rispondere con un po’ di buona volontà e un po’ di riconoscenza verso questo padre così ricco e così buono che dà tutto gratuitamente. Non chiede sacrifici e non fa pagare l’ingresso. Anche qui soffermiamoci un momento per chiederci: chi sono queste persone che rifiutano l’invito? Si parla di altri o forse si parla anche di noi?

Ma c’è ancora qualcosa d’altro che ci sorprende tanto è strano. Il padre è così deciso a fare una grande festa per suo figlio che vuole che la sala delle nozze si riempia a tutti i costi. Allora i suoi servi vanno per le strade e radunano tutti quelli che trovano “buoni e cattivi” e così riempiono la sala delle nozze. È proprio vero, anche i cattivi. Sta scritto così. E uno di questi cattivi entrati nel regno per la festa di nozze è stato colui che è stato messo in croce vicino a Gesù. Lui stesso dice al compagno che insultava Gesù: “Noi riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; Lui invece non ha fatto nulla di male”. Quindi sa benissimo di avere avuto una vita sbagliata, passata compiendo il male. Il racconto non dice neppure che gli dispiace o che si è pentito del male fatto. Non c’era tempo per queste cose. Dice soltanto: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. A questa invocazione senza pretese Gesù risponde e gli apre la porta del suo regno. Nel Vangelo di oggi questo atteggiamento di implorazione, di fiducia, di coscienza di non meritare niente a causa delle cattive azioni commesse ma anche di confidenza totale nella infinita bontà di Gesù, si chiama “veste nuziale”. Ciò che permette di entrare a mangiare, cantare e ballare nella sala delle nozze, non è la quantità di azioni buone compiute ma è la totale fiducia e riconoscenza verso il Padre che è infinitamente buono.

Don Benvenuto Riva
Parroco di Ballabio e Morterone

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