DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA SESTA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL BATTISTA

“Cerca di capire quello che dico, e il Signore ti aiuterà a comprendere ogni cosa”. Sono le parole di s. Paolo al suo discepolo e amico Timoteo e vanno benissimo anche a noi. Dobbiamo fare uno sforzo per capire una parola che oggi ci viene rivolta e che ci sembra particolarmente difficile. Ed è difficile non perché è espressa male o fa riferimenti a una mentalità lontana e diversa dalla nostra, ma perché siamo presi dalla paura di affrontare situazioni difficili.

Prendiamo l’esempio di Giobbe: un uomo buono e bravo, rispettato da tutti e onesto, gran lavoratore che ha accumulato con tanto lavoro una grande ricchezza, una bella famiglia felice. Poi, una cosa dopo, l’altra perde tutto. Perde perfino i figli che stavano facendo una festa in casa del fratello maggiore: “quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti”. Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: “Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”.

Tutto questo ci fa venire in mente disgrazie recenti come le alluvioni, i terremoti, gli incidenti stradali. Capita anche che dei giornalisti intervistano persone che in pochi istanti hanno perso tutto, anche le persone più care. Proprio come Giobbe!Tutto questo suscita in noi prima di tutto la compassione per chi sta soffrendo ed è bene condividere la sofferenza con chi soffre, è anche bene compiere gesti di solidarietà e di aiuto e la nostra società, con la Chiesa, si sono organizzate per questo ed è un gran bene. Ma nasce anche la paura: e se capitasse a me? Ma è sufficiente sperare che a noi non capiti niente? Allora la nostra vita è affidata al caso? Allora si può dire: per adesso le disgrazie sono capitate agli altri, speriamo che a noi non capiti niente e che ci vada bene! Ma se la vita è nelle mani di Dio del quale diciamo che è Padre, allora abbiamo a che fare con un Dio che fa capitare queste cose?

Abbiamo a che fare anche noi con un padrone senza pietà, come il padrone della parabola del Vangelo, che non sente pietà per i servi che hanno lavorato tutto il giorno e quando tornano a casa stanchi alla sera per aver lavorato nei campi devono mettersi ancora a lavorare per preparare la cena al padrone? Potremmo ribellarci a tutte queste cose. Eccola la difficoltà: avere ascoltato una parola che comprendiamo benissimo ma che ci sembra inaccettabile perché diciamo: non è giusto che sia così. E se qualcuno reagisce come Giobbe dicendo: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!” saremmo pronti a dire: “Lui era grande, lui era forte, io non ce la farei a dire così!”.

Ecco perché dobbiamo fare uno sforzo per cercare di capire, come diceva san Paolo a Timoteo. E come ci aiuta san Paolo in questo sforzo di capire? Dice: “Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Se moriamo con lui, con lui anche vivremo, se perseveriamo, con lui anche regneremo”. Anzi raccomanda anche di evitare le vane discussioni che non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. E anche sulle disgrazie, eventi naturali o incidenti per le strade o sul lavoro, si discute molto e spesso si fanno commenti inutili che lasciano il tempo che trovano.

Noi invece vogliamo aggrapparci alla speranza di vivere per sempre, addirittura regnare con Gesù perché lui è risorto da morte e chi muore con Lui, che sia per un disastro naturale o per malattia, che sia da giovani o da vecchi, continuerà a vivere con Lui per sempre. E questa vita la riceviamo dalle sue mani come un dono della sua misericordia, perché semplicemente Lui ci ama e non come un premio, o peggio come una paga, per le nostre fatiche. Allora comprendiamo meglio le ultime parole del Vangelo: “Eccomi Signore: io sono un tuo servo, nient’altro che un servo. Cerco di compiere il mio dovere tutti i giorni. Per me l’importante è stare con te in questa casa. Chiedimi pure quello che vuoi. Fa’ di me quello che vuoi”. Chi si pone davanti a Dio con questa dedizione e semplicità sperimenterà la gioia del suo regno e della sua misericordia.

Don Benvenuto
Parroco di Ballabio e Morterone

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