DON BENVENUTO COMMENTA IL VANGELO DI DOMENICA

Più volte abbiamo visto nelle scorse domeniche che il popolo di Israele, nel corso della sua storia, si è assimilato agli usi e costumi dei popoli cananei in mezzo ai quali viveva. Da loro ha appreso anche la religiosità, quella fondata sulla deificazione delle forze della natura, soprattutto la fecondità (Baal e Asera, divinità della fecondità). Nella fecondità dei campi, dei greggi e delle mandrie, nella ricchezza accumulata in grande quantità ha voluto trovare la sicurezza della sua vita e del suo futuro. Così ha dimenticato che il Dio di Abramo e di Mosè, stipulando l’alleanza sul monte Sinai, aveva promesso di proteggere il suo popolo e lo avrebbe protetto e aiutato nelle sue necessità semplicemente perché lo amava, e lo amava di un amore fedele e gratuito.

Ma forse non è neanche giusto dire che Israele ha dimenticato il suo Dio. Israele ha voluto aggiungere altri dei come se il Dio dei suoi padri non bastasse. Così però si è comportato come una sposa che vuole avere più amanti. Un solo sposo non le basta. E perché? Perché non vede la straordinaria bellezza e profondità di un amore unico e fedele per sempre. O forse pensa che un amore così grande e così bello non possa neppure esistere.

Verso la metà del IX secolo prima di Cristo il profeta Elia accusa il popolo di Israele non tanto di avere abbandonato il suo Dio quanto di avere aggiunto al Dio di Abramo anche il dio Baal dei popoli circostanti. Come dire che non si sa mai. Avere due dei è sempre meglio di uno solo. Secondo le varie necessità possono venire utili tutti e due. Il profeta Elia esprime questo con la domanda: “Fino a quando salterete da una parte all’altra?” Cosa che noi diciamo con le parole: “Tenere il piede in due scarpe”. E invita a fare una scelta chiara e a rimanervi fedeli: “Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!”
Per dimostrare che il Dio di Abramo e Mosè è l’unico vero Dio chiede un segno straordinario: il fuoco che viene dal cielo e brucia il sacrificio. Per questa volta Dio ci sta e accondiscende ad ascoltare il suo profeta. Tutti gridano: “Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!”. Di fatto però il popolo non ha seguito fedelmente il suo Dio. E il seguito della storia dimostrerà che anche Dio non vuole farsi presente in questi segni straordinari: non sono questi che sono in grado di far nascere la fede e l’amore nel cuore. E’ invece l’ascolto della sua parola e la considerazione intima e la comprensione delle opere di salvezza che Dio ha compiuto a favore del suo popolo. Invito quindi i lettori a continuare personalmente a leggere la storia di oggi fino alla fine leggendo il capitolo 19 del Primo Libro dei Re: lì si dice che Dio non si fa trovare in segni straordinari e potenti come un vento impetuoso e gagliardo, o come un terremoto o il fuoco. Si fa trovare invece “nel mormorio di un vento leggero”.

Nel Vangelo Gesù dice che l’antico popolo di Dio non ha dato i frutti sperati ed è stato infedele all’alleanza. Siamo noi il nuovo popolo chiamato da Dio e a noi ha voluto affidare la sua vigna perché potessimo produrre frutti di santità e di amore. Tuttavia noi non siamo esenti dalle tentazioni che hanno fatto cadere l’antico popolo di Israele. Vigiliamo, perché possiamo facilmente commettere gli stessi errori. Riflettiamo allora su queste domande:

1. Non è forse vero che anche noi siamo pronti a trovare gioia di vita e sicurezza in tanti idoli moderni quali ricchezza sotto svariate forme, personaggi dello sport e dello spettacolo, l’esaltazione della scienza e della forza?
2. Non siamo forse anche noi incerti nel credere all’esistenza di un amore grande, forte, dolce e bello, e che dura per sempre? Come cristiani non ci stiamo forse adeguando alla mentalità corrente che la pensa così?
3. Non siamo forse anche noi un po’ come Elia alla ricerca di segni spettacolari e inequivocabili dimenticando che la fede nasce dall’ascolto della parola e dalla vita di testimoni fedeli a Dio?

Verso le feste patronali
Il 6 agosto 258 il vescovo di Roma Sisto II, attorniato dai suoi diaconi, fu sorpreso dai soldati mentre celebrava la liturgia nel cimitero di Callisto. In conseguenza dell’editto dell’imperatore Valeriano fu subito messo a morte e con lui furono uccisi quattro diaconi ai quali si aggiunsero Felicissimo e Agapito, massacrati nello stesso giorno. Quattro giorni più tardi col martirio di Lorenzo, l’intero collegio diaconale romano fu distrutto. La tradizione romana, attestata anche dal nostro sant’Ambrogio, parla del sacrificio di Lorenzo per mezzo del fuoco. I resti del martire furono deposti nel cimitero in Campo Verano, sulla via Tiburtina. Sul luogo della sepoltura Costantino fece costruire una basilica, la prima di innumerevoli chiese edificate in tutta la cristianità per onorare l’ardore di carità di questo testimone del Signore.

Don Benvenuto Riva parroco di BallabioDon Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio