DON BENVENUTO COMMENTA IL VANGELO DELL’OTTAVA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

A tutti noi, oggi, sembra una cosa normale e buona che uno stato, un popolo,grande o piccolo che sia, abbia un governo centrale. La sua funzione dovrebbe essere quella di provvedere al cosiddetto “bene comune” cioè quel bene che la singola persona non sarebbe in grado di provvedere da sé. Sono realtà che viviamo tutti, quotidianamente, e non è il caso di dare spiegazioni.Ma leggendo la nostra storia spirituale veniamo a sapere che c’è stato un tempo in cui i figli di Israele, che sono i nostri antenati dal punto di vista spirituale, hanno vissuto senza un governo centrale.

Mosè e Giosuè sono state guide sia spirituali che politiche. Ricordiamo quello che abbiamo ascoltato domenica scorsa, come Giosuè, prima di morire, aveva invitato il popolo a stabilire una alleanza con Dio: “Scegliete oggi chi volete servire”. Per tre volte il popolo aveva detto: “Noi serviremo il Signore e ascolteremo la sua voce!” Anche quando il popolo deviava dalla retta via e si mostrava infedele a Dio oppure era assediato dai nemici, Dio sceglieva una persona e la mandava al popolo per aiutarlo e salvarlo. Nella Bibbia queste persone sono chiamate: giudici.Purtroppo oggi abbiamo sentito di come il popolo si sia stancato anche dei giudici. Ma non è proprio così. In realtà il popolo ha espresso il desiderio di essere come gli altri popoli.Il popolo di Israele era stato scelto tra i popoli perché fosse diverso dagli altri, e fosse conosciuto proprio come il popolo di Dio, di quel Dio che l’ha salvato molte volte, di quel Dio che gli ha concesso una sapienza così grande che nessun altro popolo ha mai ricevuto, di quel Dio che l’ha curato con tenerezza come una madre cura il suo bambino. Voler essere come gli altri popoli era come un rifiutare

Dio e forse anche sentire un po’ di invidia nei confronti degli altri popoli che avevano dei più comodi da seguire. A un profeta come Samuele tutto questo dispiace perché vede come il fallimento della sua missione di profeta. E anche Dio esprime così la propria amarezza: “Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro. Come hanno fatto dal giorno in cui li ho fatti salire dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dei, così stanno facendo anche a te”. E anche quando Samuele descrive la vita futura fatta di pagamento di tributi, di figli che dovranno combattere le guerre del re, di figlie ridotte a serve alla corte del re, gli anziani di Israele rimangono fermi nel loro proposito: “No! Ci sia un re su di noi.Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie”.

Si dice che Dio è capace di scrivere diritto sulle righe storte. E’vero. Sulla riga storta di questo rifiuto e di questa disobbedienza, Dio ha suscitato un re grande e fedele come Davide a cui ha fatto una promessa:tra i suoi discendenti ci sarà un figlio speciale, che regnerà per sempre sul suo trono, un figlio eterno! Noi riconosciamo in Gesù di Nazareth, nato da Maria, questo re universale ed eterno: è il nostro RE, Gesù Cristo!Tuttavia questa storia suggerisce a noi,cristiani di oggi,un’altra riflessione: anche noi possiamo provare la stessa tentazione di essere come gli altri, di nasconderci e di invidiare coloro che non sono cristiani perché loro non hanno un Vangelo esigente da vivere e a noi sembra che la loro vita sia più comoda e facile. Così non sappiamo più gustare la bellezza di vivere nella luce del Vangelo che è Vangelo della gioia e della pace. Gli altri, sì, farebbero bene ad avere invidia di noi perché la vita cristiana è bella!

Gesù ci ha scelto perché fossimo sale della terra, capace di dare sapore a tutto il cibo con la nostra diversità. Se il nostro sapore dovesse sparire,perché diventiamo in tutto come gli altri, diventeremmo esseri inutili. Gesù ci ha scelto perché fossimo luce del mondo. Ma se ci rifiutiamo di risplendere con la luce della parola e del nostro buon esempio diventeremmo come delle lampade sempre spente: saremmo ancora esseri inutili, come delle lampadine che non vengono mai accese. Il Signore ci conceda la grazia di gioire sempre della bellezza di essere stati chiamati ad essere cristiani e ci dia sempre la forza di in mezzo a tutti sale che dà sapore e luce che illumina e rischiara la vita degli altri.

L’ultimo insegnamento molto semplice e chiaro ci viene da Gesù stesso e dall’apostolo Paolo: qualcuno deve pur governare! Che si chiami Cesare o con un altro nome, che siano imperatori o re o presidenti qualcuno lo deve pur occupare quel posto. Gesù e san Paolo ci invitano a rispettare la loro autorità e di pregare per loro perché compiano bene la loro missione di governo per il bene di tutto il popolo. E’quello che vogliamo fare anche noi in questa celebrazione.

Don Benvenuto Riva parroco di Ballabio
Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio

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