DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE: SETTIMA DOMENICA DOPO PASQUA

Ogni tanto qualcuno chiede: ma perché Gesù, quando è risorto, non si è fatto vedere a tutti, per esempio in città o in giro per le strade? Qualcuno ha anche chiesto: perché non è andato direttamente da Pilato? Non sarebbe stato un bel segno della sua forza? Della sua vittoria? Invece la scelta di Gesù è stata diversa. Prima è apparso a Maria di Magdala, al mattino molto presto, poi ad alcune donne che avevano intenzione di lavare e ungere il corpo di Gesù in vista di una degna sepoltura. Queste donne, prima di Gesù, avevano visto degli angeli in bianche vesti e avevano visto il sepolcro vuoto. Dopo si sono incontrate direttamente con Gesù. E’ stata una scelta chiara, da parte di Gesù, lasciare gli apostoli per ultimi, per mettere alla prova la loro fede. Nei racconti dei vangeli si dice che per ben tre volte Gesù ha predetto che avrebbe dovuto soffrire molto, morire e poi risorgere il terzo giorno. Gli apostoli dovevano ricordarlo ma si sono dimenticati. E al primo annuncio della risurrezione gli apostoli hanno giudicato quelle parole delle donne “come un vaneggiamento”. Alla sera finalmente è apparso anche a loro, li ha salutati con l’augurio di pace ma li ha anche rimproverati per la loro lentezza nel credere.

Comunque sul far della sera, prima di apparire a tutti gli apostoli radunati insieme nel luogo dove erano soliti ritrovarsi, Gesù ha scelto di incontrare due discepoli dei quali uno si chiamava Cleopa, e si pensa che l’altro sia lo stesso Luca, l’autore del Vangelo. Perché? Le indicazione del Vangelo sono chiare: erano tristi, conversavano tra di loro di tutto quello che era accaduto e si facevano molte domanda sul perché e come fosse successo tutto questo: l’ingiustizia del processo e della sentenza, Gesù che si è lasciato prendere quando tutte le altre volte era riuscito a cavarsela, la crudeltà dei soldati, la sofferenza infinita di un uomo buono che aveva fatto del bene a tutti, il mistero di Dio che permette che i suoi fedeli affrontino la sofferenza, la sua morte e sepoltura e quindi la fine di una amicizia e il futuro che improvvisamente si fa molto buio. Peggio di così non si può.

Gesù sceglie proprio loro due, si avvicina, fa domande, fa finta di non sapere niente e invita loro a informarlo sugli avvenimenti. E poi comincia a parlare. In realtà non dice niente di nuovo, anzi non li incoraggia neppure consolandoli un po’ perché avevano perso un amico o per farli sperare che presto tutto si sarebbe sistemato e le cose sarebbero andate un po’ meglio di così. Infatti Gesù, ancora sconosciuto, non fa altro che far passare alcuni brani di Mosè e dei profeti (tra questi avrà citato senz’altro anche alcuni Salmi come il Salmo 21: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” o il Salmo 68: “Quando avevo sete mi hanno dato da bere aceto”). Però anche Isaia parlava di un servo del Signore “come un agnello condotto al macello” e che “dopo il suo intimo tormento vedrà la luce!”. Con queste parole quei due discepoli si sentivano rinascere a poco a poco. Alla fine della storia dicono: “Non ardeva forse il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”.

Tutto questo ci riguarda direttamente e di fatto anche noi dobbiamo vivere così. La conclusione del racconto riguarda solo quei due: andare alla locanda, mangiare insieme, vedere come quelle mani spezzavano il pane, il ritorno di corsa a Gerusalemme e l’incontro con gli apostoli che di lì a poco avrebbero visto finalmente il Signore Risorto. Un giorno vedremo anche noi il Signore risorto in tutta la sua gloria. Ma nel cammino di questa vita dobbiamo andare avanti giorno per giorno con la forza che viene dalla Parola che ci parla di Gesù e dalla stessa presenza di Gesù che cammina con noi come ha fatto quella sera sulla strada che portava a Emmaus. Anche i nostri occhi fanno fatica a riconoscerlo eppure Lui è al nostro fianco e continua a camminare con noi.


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio e Morterone

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