DON BENVENUTO COMMENTA LE LETTURE DELLA FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE

Un giorno Gesù invitò tre amici, Pietro Giacomo e Giovanni, ad andare con Lui e li portò su un monte che probabilmente è il monte Tabor, in Galilea dove ancora oggi c’è una chiesa che ricorda questo fatto.

Che cosa è successo? Hanno visto Gesù, proprio Lui, non un altro, ma non come lo vedevano tutti i giorni. Lo vedevano bellissimo e attraente, perché emanava luce e fascino. Nessuno potrà mai riuscire a descrivere con parole umane una bellezza divina. Perciò dobbiamo accontentarci di parole come il sole e la luce, che vediamo tutti i giorni ma sono parole comuni e ordinarie che non riescono ad esprimere qualcosa di straordinario. A pensarci bene qualsiasi bellezza è difficile da descrivere, sia la bellezza di un paesaggio come la bellezza di un volto o di una persona. La bellezza è qualcosa che va contemplata, cioè fissata con calma e a lungo e così la si gode e ci riempie di qualcosa di misterioso, ci richiama a qualcosa di grande, di infinito. Se si ha fretta non si riesce a gustare la bellezza e quindi anche la presenza di una persona. Pietro manifesta questa sua gioia con parole semplici: “Signore, è bello per noi essere qui!”. Poi anche lui dice parole fantasiose e poco praticabili ma che fanno riferimento alla presenza: vorrebbe fare tre dimore stabili, vorrebbe prolungare nel tempo la presenza di queste persone e questo lo comprendiamo benissimo: sappiamo anche noi che quando si tratta di stare con una persona bella e buona e ci si apre all’amicizia e all’amore si vorrebbe stare con lei non solo a lungo ma per sempre, e il tempo vola e non ci si accorge. Noi non sappiamo quanto è durato quel momento, se cinque minuti o un’ora. Comunque ha avuto un termine e il ricordo di ciò che hanno visto sarà rimasto indelebilmente impresso nella loro memoria.

Pietro, ormai divenuto anziano, quando da Roma scrive la sua seconda lettera che abbiamo ascoltato poco fa, fa ancora riferimento a quell’incontro. Un incontro terminato con parole misteriose che provenivano da una nube che ha avvolto tutti su quel monte: “Questo è il Figlio mio, l’amato: in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. Chi parla è evidentemente il Padre di questo Gesù, che è il Figlio che Lui ama. La nube è un bel richiamo alla presenza di Dio: Dio che è presente ma che nello stesso tempo sfugge alla visione, Dio che nella nube ha guidato il cammino del popolo nel deserto, Dio che nel segno della nube entra nella stanza più interna del santuario di Gerusalemme, il Santo dei santi, inaccessibile alla gente comune, Dio che con il segno della nube avvolge Maria e la copre con la sua ombra e la rende feconda e capace di generare un figlio.

Pietro, Giacomo e Giovanni hanno visto tutto questo, è vero che Gesù ha detto di non parlarne troppo presto ma non ha detto di dimenticarlo. Invece, proprio nel momento in cui ne avevano più bisogno, se ne sono dimenticati. Nei giorni dell’arresto di Gesù, della sua sofferenza e morte e anche nel giorno della sua risurrezione, nessuno di loro ha saputo dire: “Sì, dovevamo aspettare che risorgesse perché noi abbiamo visto la sua gloria divina!”. Incontrando le donne che avevano visto Gesù risorto da morte le hanno accusate di vaneggiamento e vedendo Gesù vivo davanti a loro credevano di vedere un fantasma!

Ma non accusiamo troppo facilmente Pietro Giacomo e Giovanni perché la stessa esperienza capita anche a noi: anche se non abbiamo visto il volto bellissimo e divino di Gesù, Dio concede anche a noi di fare esperienze di bellezza e di amore che ci rendono felici e ci fanno camminare sulla buona strada della vita. Eppure quando vengono i momenti pieni di fretta e di affanno, o i momenti di buio o di confusione si dimentica tutto e non si riesce facilmente a mantenersi sulla strada buona che è quella della fede e dell’amore. Mentre invece ci sono alcune parole ascoltate o alcune persone incontrate o alcune cose viste che devono risplendere come luci nella nostra vita e devono fare da guida nei momenti difficili che chiamiamo momenti di crisi.

Anche san Pietro nel brano che abbiamo ascoltato, quando ricorda la parola che lui ha ascoltato sul monte, dice: “Abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti”. Si tratta semplicemente della Parola di Dio che ascoltiamo tutte le domeniche, che possiamo leggere anche personalmente aprendo la Bibbia. E questa è una parola, dice Pietro: “alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a una lampada che brilla in un luogo oscuro”. Anche l’ascolto, calmo e con il giusto affetto nel cuore, della Parola di Dio può produrre in noi la stessa gioia che hanno provato Pietro, Giacomo e Giovanni quando hanno visto la bellezza del volto di Gesù sul monte!


Don Benvenuto Riva

Parroco di Ballabio e Morterone

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